Biagio Antonacci, Marco Bellocchio, Patrizia De Blanck, Enrico De Nicola, Alessandro Del Piero, Lisa Fusco, Giovanna Mezzogiorno.
MORTI: Guillaume Apollinaire, Charles De Gaulle, Helenio Herrera, Giovanni Leone, Yves Montand, Dylan Thomas.
POESIE… LE FOGLIE GIALLE
“Ma dove ve ne andate,
povere foglie gialle,
come tante farfalle
spensierate?
Venite da lontano
o da vicino?
Da un bosco
o da un giardino?
E non sentite la malinconia
del vento stesso
che vi porta via?”
(Trilussa)
RIFLESSIONI… L’AUTUNNO
“Il mondo delle fantasie svanirà, i sogni appassiranno e moriranno e cadranno come foglie d’autunno dagli alberi”
(Fëdor Dostoevskij)
L’ARTICOLO… GARKO E ISOTTA
(Gabriel Garko di Paolo Isotta, Il Fatto quotidiano)
Qualche tempo fa, il Sommo Pontefice ha reso noto che la Chiesa guarderebbe con occhio clemente un legislatore il quale attribuisse alle coppie omosessuali una tutela (quale?) così come la garantisce alle cosiddette “coppie di fatto” eterosessuali. I divorziati non trascorsi per un annullamento rotale, e così via. Lo ha fatto non attraverso un documento, ma un’intervista a un settimanale: che dal punto di vista giuridico vaticano altro non è che l’espressione di un parere di uno, pur prestigiosissimo, dei tanti.
Questi preti sono bravissimi nel girare la frittata giusta convenienza.
Solo pochi decennî fa i più saggi e più dotti dei Monsignori sostenevano: l’omosessualità è un peccato mortalissimo, imperdonabile, soprattutto se inquadrato in un’unione la quale al peccatore facesse manifestare il proposito della fermezza e della durata nel tempo. L’omosessuale che invece fosse (per istrada e simili) caduto una tantum in tentazione, per poi pentirsi – e ripentirsi con il Sacramento della Confessione – cadeva in un peccato, nella scala, di minor gravità. La condanna di tale comportamento risale, peraltro, nemmeno al Vangelo, quanto piuttosto alle veementissime prese di posizione delle Epistole paoline, di San Giovanni Crisostomo e di Santa Caterina, che decretano la consumazione dell’atto contro natura il più grave della scala dei crimini contro Dio. Adesso si propende per la via opposta: ma i buoi sono già scappati dalla stalla e di clienti ne restan pochi, per lo più in provincia.
Vengo ora a un caso attualissimo e popolarissimo, quello dell’attore Gabriel Garko. Premessa: non lo conosco come non conosco nessuno del suo ambiente. Procedo per quelle che il Diritto chiama presunzioni. E ho anche colpe nei suoi confronti. Negli anni del passato ho scherzato su di lui, tanto mi pareva ridicolmente improbabile che non appartenesse al vasto ambito dei maschi attratti dagli altri maschi – cosa che, a mio vedere, non appartiene affatto all’ambito di ciò ch’è contro natura. Era difficile, pur se ribadisco di aver sbagliato, non sfottere un così palese ed effeminato omosessuale che ribadiva di avere profondi amori femminili.
Glieli avevano procurati, questi amori, e imposti, i suoi padroni, agente, produttori, ufficio stampa. Ai quali doveva obbedire – per un complesso di motivi non solo di carattere economico – perinde ac cadaver.
Ora Garko fa un’accorata confessione televisiva, fa il suo coming out: commosso e commovente, pur se diciamo, come un annuncio a tumulazione avvenuta. È omosessuale, lo è sempre stato, e ora ha un profondo legame d’amore con un ragazzo di Torre Annunziata che scarica i bagagli alla Malpensa. Le mie presunzioni dicono: i padroni dello sventurato Garko hanno deciso che il loro tutelato (ossia la loro cosa) era un po’ in ribasso, che come prodotto rendeva meno, e che serviva dunque creare un fatto clamoroso che lo riportasse al centro dell’attenzione. Hai fatto la “velata”? basta, devi essere l’eroe del coming out. Ma non limitarti a questo: creati una vera storia d’amore (pur essa fabbricata da noi) che t’inquadri nella categoria piccolo-borghese dell’omosessuale che ha famiglia e vincolo basato sull’amore.
Il Papa e la Casalinga già si estasiano all’idea della coppietta che al supermercato la domenica fa la spesa per tutta la settimana. Garko è stato dunque, per la seconda volta, reificato, reso una cosa alla quale si negano volontà e sentimenti. Peccato d’incomparabile gravità, se Dio esistesse. Non so se abbia Garko la forza di vergognarsene, pur non potendo impedirla, la reificazione. Ma non ci scherzo più sopra. Se fossi in lui, direi: sono omosessuale, vado per istrada, e mi scelgo dieci ragazzi al giorno come mi piace. Ma non può. Si tratta, invece, di uno sventurato privato dello stato di essere umano da parte d’interessi, in teoria opposti, di fatto coincidenti. Non voglio esprimermi sul cosiddetto “fidanzato”: tutti dobbiamo campare. Ma per lui, Gabriel Garko, provo solo tenerezza e pietà”.
Paolo Isotta
OGGI VI DICO… I COLORI
“I colori, come i lineamenti, seguono i cambiamenti delle emozioni.” (Pablo Picasso)
“La luce è una cosa che non può essere riprodotta ma deve essere rappresentata attraverso un’altra cosa, attraverso il colore. Sono stato contento di me, quando ho scoperto questo.” (Paul Cézanne)
“La natura ha migliaia di colori, e noi ci siamo messi in testa di ridurne la scala solo ad una ventina.” (Hermann Hesse)
“Io amo la notte perché di notte tutti i colori sono uguali e io sono uguale agli altri…” (Bob Marley)
“Era una donna meravigliosa, con gli occhi verdi, i capelli rossi, l’abito azzurro e le scarpe gialle. Volete sapere come è andata a finire? In bianco.” (Totò)
ZONA ROSSA, ARANCIONE E GIALLA
Quei tre discussi colori che inducono l’Italia a dividersi e a litigare sulle assurdità del DPCM… Ecco: la cervellotica decisione di dividere l’Italia in tre fasce (rossa, arancione e gialla) farà discutere a lungo e risulterà un provvedimento divisivo. Parto dalla scelta dei colori: una doveva essere verde (verde speranza?), invece è sparita. Presumo che sarà felice l’amico Lucio Presta, convinto che il verde porti una sfiga assoluta: nei programmi tivu di cui si occupa il verde è proibito, dalle scenografie agli abiti di protagonisti e ospiti.
NON SONO UN ESPERTO
Sembra sciocco questo dibattito sui colori, ma chi ci governa inventa spesso assurdità futili. Non bastava definire le tre zone con i numeri 1, 2 e 3? Ma passo ai contenuti. Il decreto di Giuseppe, come sempre confuso, è poco trasparente e contraddittorio. Dichiaro ai lettori la mia incompetenza: sia perché, tra tanti presunti esperti, sono felice di non esserlo; sia perché non ci sono state comunicate informazioni sui criteri e i parametri con cui sono state prese le discusse decisioni. E butto lì qualche domanda.
QUALCHE DOMANDA
Perché è stata penalizzata la Lombardia, motore dell’economia italiana? È vero che il rosso le è stato inflitto sulla base di dati vecchi, superati? Allo stesso tempo, stupisce il colore tenue per Veneto, Liguria e Campania. E com’è possibile che la Valle d’Aosta, indenne fino a pochi giorni fa, sia diventata di colpo una delle quattro regioni più preoccupanti? E la Calabria l’unica allarmante nel sud? Non traggo conclusioni, non mi infilo nella corte degli “esperti”. Però mi sembra evidente che la comunicazione (di cui sono un po’ esperto, senza virgolette) sia stata pessima, comunque non trasparente.
E SE FAI L’ESPERTO…
E infine: è proprio impossibile varare decreti destinati a cambiare di giorno in giorno? Anzi: di ora in ora, così pare, fin da oggi, appena in vigore le decisioni operative. Se fai l’esperto, c’è sempre uno più esperto, che ti fa diventare inesperto.