RICORRENZE. NATI IL 4 MARZO

Giorgio Bassani, Lucio Dalla, James Ellroy, Miriam Makeba, Pierluigi Pardo, Riccardo Sinigallia, Umberto Tozzi, Paolo Virzì, Antonio Vivaldi.    
MORTI: Ippolito Nievo, Javier Perez de Cuellar, Saladino. 

SECONDA PUNTATA / L’UMILIANTE STORIA DELLA DOTE PER LE DONNE

(Merito di un grande amico, Mauro della Porta Raffo, se sono venuto a conoscenza di questo straordinario articolo, che vi trasmetto).
di Luigino Bruni, da Avvenire

“Il valore economico della dote della sposa era dunque un indicatore del valore sociale della donna. La dote restava, formalmente, proprietà della moglie ma amministrata dal marito, e tornava in possesso della donna in caso di vedovanza. Una donna senza dote, perché la famiglia si era impoverita o caduta in disgrazia, era considerata “pericolante” ed esposta al vizio. Ecco allora la nascita di molte istituzioni di assistenza per donne senza dote, spesso intitolate a Maria Maddalena, per giovanette e/o per il recupero di donne cadute in peccato (per esempio, prostitute). “Conservatori” e “reclusori” che, mentre trattenevano in clausura forzata le donne a rischio, raccoglievano donazioni per garantire loro la dote al momento del fidanzamento – che avveniva per “tocco della mano” della donna di fronte a testimoni – o dell’entrata in convento (Luisa Ciammitti, «Quanto costa essere normali. La dote nel conservatorio femminile di Santa Maria del Baraccano (1630-1680)», Quaderni storici, 18).”

LE CONSEGUENZE NELLA VITA RELIGIOSA

“Esiste, infatti, uno stretto rapporto tra il mercato delle doti e la vita religiosa. Cosa “fare” delle figlie che non si riusciva a “piazzare” nel mercato dei matrimoni? Rassegnarsi a un marito di rango sociale ed economico inferiore era un’umiliazione e un “costo” troppo alto che le famiglie patrizie non erano disposte ad accettare. Ecco allora che monasteri e conventi offrirono una soluzione. Per le ricche famiglie la claustrazione di una figlia divenne la via maestra per «eliminare dal mercato matrimoniale le donne in eccesso collocandole in convento, rendendole istituzionalmente sterili» (Susanna Mantioni, Monacazioni forzate e forme di resistenza al patriarcalismo nella Venezia della Controriforma, 2013). Se un capitale troppo prezioso (una figlia aristocratica) non può essere allocato adeguatamente sul mercato deve essere distrutto con la monacazione. Perché è preferibile distruggere che svendere un asset così prezioso, poiché la sua svendita a una famiglia inadeguata avrebbe iniziato una decadenza sociale cumulativa dai costi imprevedibili.”

LE FIGLIE PATRIZIE

“L’eliminazione tramite la clausura risultava la soluzione migliore. E poi il sacrificio di alcune figlie patrizie collocate in convento consentiva i convenienti matrimoni delle loro sorelle più fortunate. Anche perché la dote monastica, o dote spirituale, era molto più economica di quella matrimoniale (fino a venti volte meno). Si spiega così sia la moltiplicazione dei conventi e monasteri femminile dopo il Quattrocento, e perché la quasi totalità delle monache e suore in età moderna provenissero da famiglie nobili o alto-borghesi, e perché più delle metà delle figlie di famiglie patrizie diventavano suore o monache.”
“Ma c’è di più. Le famiglie più ricche facevano costruire per la figlia celle private, dei veri e propri appartamenti all’interno dei monasteri, che restavano in uso esclusivo della monaca per tutta la sua vita. Queste monache gestivano spesso in proprio la dote, insieme a rendite su capitali di loro proprietà. Il che mette in luce un complesso rapporto tra vita comune, proprietà privata e uso simbolico dello spazio personale dentro i monasteri della prima età moderna (Silvia Evangelisti, «L’uso e la trasmissione delle celle nel monastero di S. Giulia di Brescia», Quaderni Storici, 30). Bastano questi cenni per capire cosa significò la riforma della vita religiosa femminile di Teresa D’Avila.”

IL DOLORE DELLE DONNE DONATE

“Un’ultima considerazione. È molto significativo l’uso del registro semantico del dono per simili operazioni. Diceva riguardo le monache Giovanni Tiepolo, patriarca di Venezia: «Facendo della propria libertà un dono non solo a Dio, ma anco alla Patria, al Mondo, et alli loro più stretti parenti» (inizio del ’600).Ma quale dono era in gioco, per quelle figlie che non sceglievano quale vita vivere? Innanzitutto era il dono del padre, non il loro dono. Era il dono che la famiglia e la società chiedeva a quelle donne per salvare l’ordine sociale e la casata. Era il dono simile a quello deipotlach delle isole del Pacifico studiati da Marcel Mauss (1925), dove il “dono” non aveva nulla di gratuità, ma era solo il linguaggio del potere politico e commerciale, che arriva fino alla distruzione dell’oggetto donato (potlach dissipativi), pur di affermare la propria superiorità.”
“Soltanto gli angeli conoscono il dolore di queste donne-donate, prezzi pagati alla società che stava nascendo. Oceani di sofferenza femminile, nei monasteri e dentro le case. Sono state queste lacrime la prima acqua con cui abbiamo impastato l’edificio della città moderna.La sola, piccola, parziale ma non vana consolazione che ci resta è pensare che alcune, forse molte, di quelle suore e monache saranno state più grandi del loro destino. Come il loro “sposo” si sono ritrovate, senza volerlo, anch’esse inchiodate su una croce, e lì alcune hanno deciso di vivere quel dolore innocente e non scelto come dono, un dono diverso e finalmente libero. E qualche volta sono risorte. Se oggi molte donne possono vivere la loro vita nei conventi e nei monasteri come vero dono e come vera libertà, dietro questi doni e queste libertà ci sono anche quelle antiche resurrezioni.”
l.bruni@lumsa.it

OGGI VI DICO… IL SACRIFICIO

“E se la maternità è l’incarnazione del Sacrificio, allora il destino di figlia è la Colpa che non si potrà mai espiare?“ (Milan Kundera)

“Un sacrificio non arriverà mai ai piedi di Dio onnipotente se non sarà stato consumato in segreto.” (Dino Buzzati)

“Riguardo a sacrificio e a spirito di sacrificio le vittime la pensano diversamente dagli spettatori; ma da tempo immemorabile non si è mai data loro la possibilità di dirlo.” (Friedrich Nietzsche)

“Una donna, anche se giovane, può innamorarsi a tal punto di una idea da sacrificare tutti i suoi beni e il suo futuro?” (Dacia Maraini)

“Il sacrificio è la sola, vera perversione umana.” (Elsa Morante)






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