“Siamo sull’orlo della guerra o abbiamo semplicemente superato l’orlo della farsa?” (Riccardo Ruggeri, look “Gran Torino”: inizio di un articolo che uscirà domani su Italia oggi”).
ATTUALIZZANDO… RUGGERI SUPERA SE STESSO
Appuntamento a domani. Per ingolosirvi, doctor ho pubblicato “l’incomincio”, come si diceva una volta in gergo, dell’articolo di Riccardo Ruggeri che apparirà domani su “Italia oggi”, un prezioso giornale diretto da Pierluigi Magnaschi – un super professionista meritevole di essere designato alla direzione del Corriere, se in Italia si riuscisse a dare, qualche volta, un riconoscimento al merito, ovvero alla sostanza, anziché alla forma, alle apparenze e alle convenzioni. Riccardo Ruggeri, già lo conoscete. Spesso riprendo i suoi articoli, o mi limito a citazioni essenziali, per problemi di spazio. E’ stato, ed è tuttora, un importante manager: cominciò da operaio alla Fiat, scalando decine di posizioni. E’ un giornalista, uno scrittore (sulla Fiat ha pubblicato libri che dovreste leggere), un analista politico di alto e particolare livello: perché va al sodo e non ha soggezione e riguardi verso nessuno. Ho amicizia, stima e ammirazione per lui, non solo per le sue qualità, la cultura, le esperienze, l’intelligenza fresca e moderna (nonostante sia ottuagenario)… No, non solo per questi motivi: soprattutto perché non manda mai il suo bel cervello all’ammasso, ha una coscienza sempre pulita, onesta e – quanto mi piace, questa rarissima virtù! – indipendente. Devo dirla tutta, col mio caratteraccio? Dovrebbe essere lui (mi rivolgo a Ferruccio de Bortoli o a chi ne prenderà il posto) il leader dei fondisti del Corrierone, non certo – cito a caso – il professor Ernesto Galli della Loggia, che ci infligge chilometriche articolesse riassumibili in dieci righe: anche perché spesso, non nego, il contenuto ha un discreto interesse, ma a volte quei chilometri di parole sono, purtroppo, banali. Vi chiederete le ragioni del mio entusiasmo. Bene, qualora lo vogliate, acquistate domani “Italia oggi” o leggete qui l’articolo di Ruggeri. Penso che stavolta, su un tema delicatissimo come l’ipotesi di una guerra in Libia, abbia superato se stesso. Ho un solo rimpianto, caro Riccardo: il tuo articolo avrei voluto scriverlo io.
DAMNATIO MEMORIAE / CHI MUORE GIACE E CHI VIVE…
…si dà pace: questo almeno dice un vecchio proverbio. Succede anche, però, sia pur raramente, che chi vive pace non si dà, anche cent’anni dopo. E’ il caso del mio amico Marco Liguori, eccellente giornalista napoletano: leggete, vi prego, una sua lunga lettera su www.lamescolanza.com Nel 1919 un suo zio morì per le ferite riportate in guerra, e in modo atroce, a poco più di vent’anni. Marco non è uno che si dà pace: con emozione e curiosità per la storia di questo zio, che gli veniva raccontata in famiglia in modo frammentario, si è messo alla ricerca di informazioni, consultando archivi istituzionali, uffici burocratici, ministeri. Ebbene, di questo zio, Salvatore Pisano, non c’è traccia: solo la lapide al cimitero, solo un necrologio. Per il resto, come se non fosse mai esistito! E’ una storia particolare, sarebbe degna di uno scrittore che avesse la qualità narrativa, e amaramente ironica, di un Cechov o di un Dostoevskij. Per parte mia posso solo segnalarla, cronisticamente, con la partecipazione umana che sento per chi tiene, come me, alle proprie radici, pur con la difficoltà di vivere, come diceva Montanelli, in un Paese senza attenzione né rispetto per la propria memoria.
VIA SOLFERINO / SPUNTA PAOLO MIELI, NON C’E’ DUE SENZA TRE…
Sono un po’ preoccupato perché gli spunti sul mio diario di questa mattina arrivano da vecchi proverbi. Vabbè, andiamo avanti. Ieri vi ho intrattenuto sulle vicende della Rai e del Corriere della Sera, ho scritto che sia Ferruccio de Bortoli in via Solferino, a Milano, sia Luigi Gubitosi, in viale Mazzini a Roma, meriterebbero una (lunga) riconferma. Nel caso di Ferruccio, sarebbe un exploit perché si tratterebbe della terza nomina, già due volte è stato chiamato al timone del Corriere. Non c’è due senza tre? Il proverbiaccio tuttavia si adatta anche alla carrierona di Paolo Mieli: anche lui, infatti, è stato designato due volte alla direzione del quotidiano italiano (nonostante tutto) più prestigioso. Ed ecco che ieri sera, dopo che avevo licenziato nel web il mio compitino alle 5 della sera, mi telefona un amico sempre bene informato e mi spiffera che anche Mieli sarebbe in corsa. Ormai non mi stupisco più di niente. Paolo, come Ferruccio, conosce il Corrierone meglio delle sue tasche: non solo quello che appare alla luce, ma anche gli angoli bui, il sottoscala, le cantine… Di più: sa prevedere, meglio di tanti, quello che succederà. L’ho già scritto, ma lo ripeto: tra i mille parlanti, urlanti, sussurranti, discettanti in tivu negli estenuanti talk politici, al di là dei novecentonovantanove che non ne azzeccano mai uno, è stato l’unico tra i mille a prevedere la nomina di Mattarella al Quirinale (con convinzione, perché lo ripete due volte, in due programmi diversi). E già che ci siamo posso rivelarvi che fu il primo, quando Napolitano preparava i bagagli per sloggiare dal Quirinale, a sussurrami che tutto “lavorava” per la riconferma del cosiddetto “re”. Quindi, visto che legge il futuro, nel week end lo chiamo e gli chiedo se sarà lui, o chi altri, a poggiare le chiappe sulla poltrona giornalistica più ambita in Italia.
QUANDO SCADE GUBITOSI? UN TRILEMMA ALLA RAI
Esiste un pizzico di confusione sulla scadenza del mandato di Lugi Gubitosi, Direttore generale della Rai. Entro fine maggio ci sarà la riunione per la presentazione e l’approvazione del bilancio. In questa occasione dovrebbe decadere il mandato per il dg. Ma il cda è in scadenza a luglio e non c’è dubbio che per un paio di mesi Gubitosi non solleverà problemi. Perché un problema, grosso, c’è: Renzi vuole rimescolare la Rai, ma con una totale riforma dell’azienda, per evitare l’obbligo di adeguarsi alla vecchia legge Gasparri. Di conseguenza: si farà in tempo, in coincidenza con la scadenza del cda a luglio? I dubbi sono ragionevoli. E’ vero che, con quattro mesi a disposizione, se esiste la volontà politica, i tempi sarebbero più che sufficienti. Pensando tuttavia a tutte le problematiche vissute per il Senato, l’Italicum, e quant’altro, tra opposizioni, dubbi, contrasti interni anche al partito di maggioranza, i dubbi sui tempi necessari sono notevoli… La Rai è un terreno che scotta, è stato sempre un campo di battaglia senza esclusione di colpi: i partiti da sempre ci sguazzano, le velleità sono infinite. Di conseguenza, cosa succederà? Eccoci di fronte a un classico trilemma: 1. Gubitosi potrebbe accettare di restare, grazie a una proroga più lunga (ipoetesi a mio parere poco probabile). 2. Renzi riuscirà a varare la nuova legge e all’ultimo momento comunicherà i nomi che ha in mente per la nuova governance, diciamo con il metodo Mattarella che gli è riuscito perfettamente. Quali saranno i nomi prescelti, nessuno al momento può dirlo: tutti quelli che circolano sono pastura per i giornali e per il mondo politico. 3. Gubitosi non accetta di fermarsi oltre luglio, la legge non sarà stata ancora varata, si imporrà una nomina pro tempore per governare l’azienda. Potrebbe essere il consigliere d’amministrazione anziano, oppure un personaggio interno, ovviamente scelto dal cda in proroga. Mi sembra di aver già fatto i nomi di Fiorespino, De Siervo, Nardello. Aggiungerei Antonio Marano, vice direttore generale.
INCONTRI AL CAVALLO, TEODOLI IL PIU’ SPIRITOSO
Oggi, per casualità di relazioni, ho incontrato davanti alla Rai e in Rai, come si dice, a viale Mazzini, alcuni dirigenti. Il più spiritoso è stato Teodoli, direttore di Rai Due. “Ieri ho scritto che i direttori delle tre reti hanno portato al disastro la Rai, per quanto riguarda i contenuti. Vogliamo fare le percentuali? Direi che Giancarlo Leone, a Rai Uno, spetta un buon 70%. Resta, per il disastro, un 30%. Che percentuale ti daresti? Facciamo a metà con Vianello?” E Teodoli: “No, no. Mi prendo il 20%, non voglio essere né il primo né l’ultimo, in qualsiasi circostanza”. Più tardi ho intravisto Vianello, ma non ho fatto in tempo a porgli la stessa domanda, Peccato. Poi Nardello, claudicante a una gamba e a un piede. E Fiorespino, in partenza per chissà dove. E Costanza Esclapon, sempre gentile: purtroppo aveva dato appuntamento a mezzo mondo, solo posti in piedi nel suo ufficio. Ci siamo rifugiati nell’accogliente stanza del dg: prima o poi dovrò scrivere tutto ciò che ho visto e sentito, nei lustri, nella stanza dei vari direttori generali, da Celli a Saccà, da Cattaneo a Masi e a Lorenza Lei, ma anche prima, in tempi più remoti. Infine, in un corridoio, ho incontrato Antonio Marano, che sorridendo mi ha ingiunto: “Meno parli di me, meglio mi sento…”. Ma non ho ascoltato l’astuta richiesta.
19.02.15