NEL RICORDO DI BETTINO CRAXI

Oggi lascio lo spazio del mio diario a Melania Rizzoli, che fu il medico curante personale di Craxi e testimone dei giorni drammatici che segnarono la scomparsa del leader socialista, esule ad Hammamet. È un articolo che meriterebbe di entrare in un’antologia: privo di retorica, di banalità, di frasi fatte. Crudo e preciso come dovrebbe essere ogni testimonianza diretta e di cronaca. Ho voluto molto bene a Bettino, con stima e rispetto. Di mio, in questa occasione, posso solo aggiungere che l’esule – sottolineo esule – non ebbe, non trovò neanche in morte la serenità, la pace che mai ebbe in vita, quando fu tormentalo da ostilità e avversioni d’ogni tipo. Il tempo gli renderà giustizia.

COSÌ CRAXI ANDÒ ALL’ALTRO MONDO

Il ricordo del suo medico curante: dal malore alla cerimonia funebre. L’infarto a letto, l’acconciatura della salma, l’arrivo degli amici. Resoconto della morte ingloriosa di Craxi nell’esilio di Hammamet

di Melania Rizzoli, Libero Quotidiano

COME SE NE ANDÒ BETTINO

craxi«È morto! È mortoo…». La voce singhiozzante di Scilla, moglie di Bobo Craxi, mi arriva al telefono verso le 18 per annunciarmi la morte di Bettino. Lei è stravolta, mi dice che il suocero era stato trovato senza vita nel suo letto nella casa di Hammamet e mi informava che, essendo loro due a Roma, si stavano organizzando per raggiungerlo quella sera stessa, chiedendomi di partire insieme.
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IL RACCONTO DEL SUO MEDICO

melania rizzoliIo da molti anni ero amica di famiglia ed ero il medico personale di Bettino nella capitale. In quel drammatico pomeriggio nella dimora tunisina, oltre all’ ex presidente del Consiglio, erano presenti solo due persone di servizio e la figlia Stefania, poiché la moglie Anna era appena partita per Parigi per curarsi in un breve viaggio di tre giorni, dopo il capodanno del Millennium trascorso in casa in famiglia con marito, figli e nipoti.
Scilla mi comunicò anche che Bobo non voleva far uscire subito la notizia della morte del padre perché sua madre in quel momento si trovava sul volo Air France, ignara della tragedia avvenuta, e che stava cercando di contattare Angela, un’ amica di famiglia residente a Parigi, perché si recasse all’aeroporto De Gaulle per accogliere al gate Anna, informarla a voce dell’ accaduto e accompagnarla indietro nel suo triste viaggio di ritorno a Tunisi.

IL MALORE

Stefania-CraxiQuel pomeriggio Bettino aveva salutato la moglie in partenza, per poi andare a riposare nella sua stanza verso le 14.30, e quando alle 17.30 il cameriere, non vedendolo uscire, aveva bussato alla sua porta con il vassoio del thé alla menta, non ricevendo alcuna risposta, era entrato trovandolo senza vita sul letto.
Bettino era morto circa due ore prima, in solitudine, probabilmente accusando un malore, poiché aveva il pappagallo sul letto, e lui era riverso su un fianco, come in procinto di scendere dal letto, ma era stato colpito da un arresto cardiaco fulminante, che gli aveva spezzato il fiato e la voce, e non gli aveva dato scampo, né il tempo e la forza per chiamare e chiedere aiuto.
La figlia Stefania, in lacrime e comprensibilmente sconvolta, dopo aver convocato d’urgenza il medico tunisino del padre, che non poté far altro che certificarne il decesso, chiese allo stesso di trasferire il padre nella clinica dove era abitualmente curato, poiché lei non voleva assolutamente vederlo morto ed era angosciata dal pensiero di vegliarlo da sola in casa nella notte imminente.

LA NOTIZIA DELLA MORTE

bobo craxi 1Il corpo di Craxi venne quindi trasferito verso le 20 in ambulanza alla clinica “Le Violettes“, la stessa dove, appena tre mesi prima, era stato operato di nefrectomia destra per un tumore maligno al rene dal professor Rigatti, giunto appositamente dall’ Italia. La notizia della morte di Bettino quel 19 gennaio comunque uscì quasi subito sulle agenzie e sui telegiornali, mentre la moglie Anna si trovava ancora in volo, e quella sera stessa, quando Bobo, Scilla e io arrivammo nella clinica dove lui era stato portato, fummo i primi a vederlo morto.
Lo trovammo al piano terra di un locale freddo e disadorno della clinica tunisina, illuminato da una luce fioca, dove aleggiava il silenzio e il fetore della morte, ricoverato in un loculo dove era stato infilato, adagiato su una lettiga sudicia e arrugginita. Il suo corpo era stato lavato e avvolto in un telo bianco che lo racchiudeva completamente come in un candido bozzolo, e quando io ho aperto il lenzuolo a livello del volto, Bobo e Scilla scoppiarono a piangere.
Bettino aveva gli occhi chiusi e la bocca aperta, con evidenti macchie ipostatiche di sangue rappreso sulla parte destra del volto. La mandibola non gli era stata serrata subito dopo il decesso, in attesa del rigor mortis, come si usa da noi, perché essendo la Tunisia un Paese islamico non ha la cultura cristiana della cura e della conservazione della salma, la quale di regola viene seppellita entro il tramonto, nel giorno stesso del decesso, indipendentemente dall’ora della morte, dopo essere stata lavata e custodita nuda in un lenzuolo bianco, e deposta direttamente sotto terra. Quindi nelle strutture sanitarie tunisine non esistono nemmeno le sale mortuarie né le celle frigorifere, se non degli pseudo-obitori, dove vengono ricoverati solo i corpi da sottoporre a esami autoptici giudiziari.

L’ACCONCIATURA DELLA SALMA

anna craxi e stefaniaIn quelle condizioni era chiaro che non sarebbe stato possibile esporre pubblicamente Bettino, né per il luogo e nemmeno per la situazione della salma, poiché non sarebbe stato dignitoso per lui e per le persone che sarebbero arrivate a salutarlo farlo vedere così scomposto, e quindi una volta rientrati nella casa di Hammamet, ormai a notte fonda, cercammo di convincere Stefania e Anna, che nel frattempo era rientrata, a riportare il corpo di Craxi nella sua casa, per sistemarlo nella grande sala del biliardo ed esporlo al saluto degli amici che iniziavano ad arrivare, ottenendo però un netto rifiuto. Nemmeno Anna, molto affranta e provata, in quel momento desiderava vederlo da morto.
La mattina successiva Bettino fu rivestito, nel locale della clinica dove si trovava, da due infermieri tunisini con gli abiti loro consegnati, una camicia bianca, una cravatta rossa con garofano ricamato, un completo blu e scarpe nere, mentre io gli truccavo con fondotinta e pennelli il viso, nascondendo cosí le macchie ipostatiche e facendo sparire dal suo volto il pallore cadaverico, e nel frattempo gli infilavo le foto degli adorati nipoti in tasca, per poi vederlo ricollocare sempre nel suo loculo, in attesa dell’ arrivo della bara per il funerale cattolico.
In Tunisia, infatti, per i motivi sovraesposti, le bare non vengono fabbricate, per cui la famiglia Craxi ne attendeva una dall’Italia, offerta dall’amico Salvatore Ligresti, che sarebbe stata spedita al più presto con il suo aereo personale, non senza difficoltà per farla entrare dal portello e nel ristretto abitacolo del jet.

L’ARRIVO DEGLI AMICI

BERLUSCONI AL FUNERALE DI CRAXILa bara comunque arrivò il giorno successivo a Tunisi, nel palazzo istituzionale messo a disposizione dal governo locale, dove nel frattempo era stato trasferito il corpo di Craxi per essere esposto alle visite degli amici e conoscenti prima del funerale, ma purtroppo il sarcofago arrivato era di una misura standard, ovvero troppo corto e troppo stretto per le misure fisiche di Bettino, il cui corpo, una volta deposto all’ interno, appariva rannicchiato, con le ginocchia leggermente piegate e costretto in modo evidente a livello delle braccia e delle spalle.
Era però anche palese che non ci sarebbe stato il tempo per attendere una nuova bara, e in quella insolita circostanza furono di aiuto gli assistenti tunisini, che rimossero il corpo di Bettino appoggiandolo delicatamente su un tavolo attiguo, svitarono ed estrassero dalla cassa mortuaria il rivestimento interno zincato che rubava spazio, per poi rimettere dentro la fodera di raso bianca e gli ornamenti funebri e reintrodurre la salma, che in tal modo appariva più distesa e meno stretta, più presentabile, e che fu quindi velata da un telo di tulle chiaro.
Da quel momento fu permesso l’accesso ai visitatori che giunsero numerosi, tra i quali si ricordano Silvio Berlusconi con la moglie Veronica, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, il presidente della Tunisia Ben Alí, Claudio Martelli con Gianni De Michelis, Pierferdinando Casini, Ottaviano Del Turco, il cognato Paolo Pillitteri con Rosilde, Cesare Previti con la moglie Silvana, il finanziere Tarak BenAmmar, Maurizio Raggi, Silvano Larini e molti altri parlamentari socialisti, oltre ad amici milanesi e romani di ogni genere.
La camera ardente con la bara di Bettino Craxi, attorniata da un picchetto d’onore, da ceri accesi, da bandiere italiane, tunisine e socialiste, e da centinaia di garofani rossi, è rimasta aperta in quella sede per tutto il giorno e tutta la notte, di fronte a un incessabile corteo di persone che arrivavano a ogni ora per l’ ultimo saluto e portavano le condoglianze ad Anna, che è rimasta tutto il tempo in un angolo della grande sala, ricevendo l’ affetto e il saluto degli amici, lontana dalla vista del marito morto.

LA CERIMONIA FUNEBRE

tomba-craxi-866013_tnLa mattina successiva, poco prima della cerimonia funebre celebrata nella cattedrale di Saint Louis di Tunisi, il corpo di Bettino fu rimosso ancora dalla sua cassa di legno per poter collocare nuovamente al suo posto la protezione zincata, e successivamente la sua salma è stata reintrodotta nelle misure ristrette di quella bara italiana, per poi essere chiusa con il coperchio e sigillata a fuoco definitivamente.
Bettino Craxi al momento della morte aveva 65 anni. Per i suoi detrattori morì da criminale latitante, per i suoi estimatori morì in esilio vittima di una giustizia politicizzata, ma certamente per molti italiani Bettino Craxi è morto privato di quella dignità e quel rispetto che la sua figura e la sua storia avrebbe meritato, soprattutto nel suo ultimo giorno di vita o se credete nel giorno della sua morte.
Da allora riposa nel cimitero cristiano di Hammamet, in una tomba di marmo bianco rivolta verso l’Italia e con sopra inciso un epitaffio che era anche il suo motto: «La mia libertà equivale alla mia vita».

cesare@lamescolanza.com

20.01.2017