OGGI VI DICO CHE… NIENTE FIRME A “LA REPUBBLICA”

“Per un’agitazione decisa dal Comitato di redazione i giornalisti di Repubblica si astengono dalla firma” (La Repubblica, tre righe in prima pagina).

ATTUALIZZANDO… GIORNALISTI, LA CRISI DEL SINDACATO
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Anche il sindacato dei giornalisti, come gli altri, è in crisi. A me interessa soprattutto, però, l’informazione prodotta dal giornalismo. Consentitemi dunque qualche riflessione, senza saccenteria. La prima: tre righette in prima pagina, a fondo pagina, non bastano. Vorrei saperne di più e credo che anche a molti lettori (non certo alla maggioranza, ma al target che più si interessa a queste vicende) piacerebbe saperne di più. Quale significato ha il ritiro delle firme? Avrei letto con attenzione e gusto le opinioni dei giornalisti più famosi e colti, in primis Eugenio Scalfari, che spesso prendo in giro, qui, nel mio angolino, per le sue civettuole corrispondenze con il Papa. E Mauro, che stimo molto come dirigente, non avrebbe da dire la sua? E i più ironici? Ceccarelli, Merlo, Messina… E il Comitato (notate: C maiuscola) non ha niente da spiegare? Potrei continuare a lungo. Suppongo che il ritiro delle firme riguardi solo i giornalisti dipendenti, difatti il mio ex maestro Piero Ottone, che pure negli anni Settanta (formidabili quegli anni, per dirla con Mario Capanna) al sindacato del leggendario Raffaele Fiengo diede grande spazio), firma tranquillamente in prima pagina. E il Comitato, rieccolo, quali obblighi e quali distinzioni ha sancito? I collaboratori contrattualizzati non hanno obblighi di ritiro firma, come i free lance, e a differenza di quelli dipendenti? E gli scrittori, i poeti, i filosofi, i sociologi, gli storici, eccetera? Se avessero voluto astenersi dalla firma per solidarietà, sarebbero stati incoraggiati a farlo o diffidati? In ogni caso, sarebbe stato interessante conoscere le loro dotte opinioni. Infine, la parola “agitazione”. Un grande potere sindacale è quello di saper rendere ridicole innocenti parole che, prima del logorio, avevano un loro onesto e dignitoso valore. Ai miei tempi, cioè negli anni Settanta, dilagava lo slogan “laico, democratico, antifascista”. Un eccesso, una noia, una nausea. A cominciare dal fatto che è difficile immaginare uno Stato, o un sindacato, o un singolo individuo, come – contemporaneamente – democratico e fascista, o se preferite antifascista e antidemocratico. Sulla laicità, poi, si potrebbe dibattere per ore, e il primo invitato al talk sarebbe, rieccolo come il Comitato, ancora Scalfari. Vabbè, la pianto lì. Mica sono quel vecchio brontolone, che vorrei lasciar credere. Mi piace solo sfottervi, cari colleghi, e dunque consentitemi una domanda: cosa significa
“agitazione”. Ieri un mio amico è passato in redazione, a La Repubblica, e tutti in apparenza erano composti, allegri, sobri, equilibrati – come conviene a un grande giornale anglo(nelle ambizioni)romano. Fisicamente, nessun movimento strano di braccia e corpi, nessun tic, nessuno fuori dai gangheri – nonostante le divisioni su Renzi e Cuperlo e l’irritazione per la rilegittimazione di Berlusconi. Peccato. Un’agitazione fisica sarebbe stata semplice da descrivere, divertente da raccontare, dunque, un’agitazione sindacale, interiore, psicologica, intellettuale.

E qui purtroppo ricasca l’asino (che sarei io):perchè sull’agitazione dello spirito qualche approfondimento sarebbe stato importante. Tre righette non bastano. 

IL TRENO DI ANDORA. UNA RISPOSTA DALLE FERROVIE
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Ieri, in una lettera aperta al leader delle Ferrovie Mauro Moretti, ho chiesto spiegazioni sull’orribile caso del treno deragliato ad Andora. E’ fermo lì, come un moribondo umano su una strada o su una spiaggia, neanche coperto da un telo. Mi è giunta questa risposta: ” “Gentile Cesare Lanza, rispondiamo alla sua rubrica online di ieri, dedicata in parte a criticare il comportamento di FS Italiane, e del suo Amministratore Delegato, riguardo alla vicenda dell’Intercity colpito dalla frana di Andora, sulla Genova – Ventimiglia. La domanda “quel treno lo vogliamo rimuovere o no?”, viste le ampie considerazioni che la precedono, intorno alle capacità decisionali di Mauro Moretti, sembra sottendere un’accusa d’inadeguatezza o scarsa reattività. Ancor peggio, di “sciatteria”. Tutt’altro. Le squadre tecniche di Trenitalia e RFI, società del Gruppo FS Italiane, sono pronte e interverranno subito e bene, operando con la massima celerità consentita dal rispetto delle norme di sicurezza. Potranno però farlo soltanto quando l’area, al momento sotto sequestro giudiziario, sarà dissequestrata e quando la frana, ancora in movimento, sarà messa in condizioni di sicurezza e l’area dichiarata, quindi, formalmente agibile. Il nulla osta deve quindi arrivare dal Magistrato, che ha aperto l’inchiesta, dalla Protezione Civile, dai Vigili del Fuoco. Lo abbiamo già precisato ieri, 19 gennaio 2014, alle 17 circa in una nota. RFI è pronta a intervenire, come soggetto tecnico, anche oltre le aree di propria competenza e, quindi, direttamente nell’area della frana, a condizione che RFI sia investita formalmente; ci sia un progetto chiaro e preciso, elaborato dalle Autorità tecniche competenti; e che sia definito anche chi finanzia e paga i lavori. L’altra questione che Lei pone “organizzare alternative per la povera gente che ne avrebbe bisogno” è stata già affrontata, con rapidità e massima pubblicizzazione. I servizi sostitutivi su strada, istituiti da Trenitalia, hanno iniziato a circolare fin da subito, con l’utilizzo di 25 pullman. Tutte le informazioni utili sulla vicenda, a iniziare da quelle di servizio, destinate ai clienti, sono state diffuse dai nostri media di Gruppo (FSNews, il nostro giornale online; FSNewsRadio; e dall’account twitter @fsnews_it, con #Maltempo, #Liguria, #Genova, #Ventimiglia, #Andora, #DianoMarina, #Albenga); dal nostro ufficio stampa centrale e territoriale, con una serie di comunicati stampa; e sui treni e nelle stazioni, con gli impianti di diffusione sonora e con locandine.”

Federico Fabretti – Direttore Centrale Media Gruppo FS Italiane 

*** Ringrazio per la sollecita risposta, che tuttavia non mi soddisfa. Temo infatti che ci sia un malinteso, di non essermi spiegato bene – e dunque è colpa sempre del giornalista, se firma un testo poco chiaro. Replico dunque più sinteticamente, con uguale gentilezza: 1. La grande qualità di manager di Mauro Moretti è fuori discussione, riconosciuta non solo da me, ma diffusamente. 2. Nei riguardi di Moretti ho espresso simpatia, prevalenti su due aspetti di antipatia: asprezze, e anche sgarberie, di carattere. 3. Prego i miei interlocutori di credermi: sono assolutamente consapevole delle difficoltà, soprattutto giudiziarie e burocratiche, che ostacolano – in un Paese dai mille lacciuoli – o addirittura impediscono alle Ferrovie la rimozione del treno. 4. Trattandosi però di Moretti, e qui si riafferma la qualità di un manager invocato da tanti, puntualmente, con un vero “salvatore della patria”, mi aspettavo e ci si aspetterebbe, volevo dire, qualcosa di più. E’ in queste occasioni che si vede la bravura di un capo. (Permettetemi di aggiungere, visto che mi avete sfruculiato, che anche nella gestione ordinaria, le critiche potrebbero esserci. Non mi riferisco alle sofferenze, alle proteste dei pendolari: sono stigmatizzate universalmente. Mi riferisco alla sporcizia e ai disagi delle latrine. E’ da lì che si comincia a misurare la civiltà di un popolo, sia che si parli di un albergo o di un ristorante, di un treno o di una singola famiglia). Riprendo, e mi riferisco a un mio idolo: Enrico Mattei. Un grandissimo manager come Mattei o come (pochi) altri si infischierebbe di lacci e lacciuoli, e una soluzione la troverebbe. Forza Moretti, dunque. O pretendo troppo? Ps. Anche da Fabretti, o per lo meno non dal portavoce di Moretti come direttore dell’ufficio stampa, ma dal Fabretti apprezzato poeta e colto intellettuale, mi sarei aspettato un lampo talentuoso, un guizzo, qualcosa di più e di diverso.

21-01-2014

* Chi voglia interagire con me è pregato di scrivermi indirizzando a cesare@lamescolanza.com grazie