OGGI VI DICO CHE…

“Dire molte parole e comunicare pochi pensieri è dovunque segno infallibile di mediocrità; invece segno di testa eccellente è il saper rinchiudere molti pensieri in poche parole”. (Arthur Schopenhauer, “Parerga e paralipomeni”,1851)

ATTUALIZZANDO… POSSIBILE CHE POCHI CAPISCANO LA RIVOLUZIONE DI INTERNET?

Comunicare digitale

Sono esausto,  mi sento noioso perfino verso me stesso. L’ho scritto molte volte e chissà quante altre volte dovrò dirlo… Grazie alla rivoluzione di Internet, e non solo per quanto si legge e si scrive nei social network, nel mondo della comunicazione tutto è cambiato: tempi forme modi e protagonisti. Oggi tutti sono di fatto o potenzialmente giornalisti e comunicatori. Se le notizie sono alla base del giornalismo e della comunicazione, oggi chiunque con un semplice click, se è testimone di una notizia, può trasmetterla all’universo mondo. E se preziose sono le opinioni, il dibattito, il confronto, le contrapposizioni di idee, sempre con un click chiunque può dire la sua, nel modo più democratico: la invia nel web e sarà valorizzato o spernacchiato o annegato nel silenzio, in relazione all’interesse che sarà riuscito a suscitare.
Ho già detto che trovo fondamentalmente benefica questa rivoluzione: ha fatto saltare in aria ogni possibile censura, tutto si inserisce nel mondo virtuale, se i mass media (e questo spiega anche la loro decadenza) raccontano frottole, azzardano censure, nascondono notizie, camuffano i commenti, c’è l’universo di Internet pronto ad accogliere ogni spiffero, sbadiglio, lamento, smentita, urlo di protesta o applausi di consenso. Come negare che ciò sia molto importante? Tuttavia, visto che il web è in pratica senza regole, ho anche scritto che c’è anche un territorio tenebroso, di cui tener conto: insulti, aggressioni, diffamazioni e denunzie senza prove, e soprattutto bufale, notizie e indiscrezioni incontrollabili. Un peso inevitabile e da sopportare? A mio parere sì, come ad esempio dobbiamo sopportare il coglione di turno, che in questi giorni drammatici fa una telefonata anonima alle autorità, o dovunque, per mandare messaggi di morte, o lasciare un pacco sospetto in un angolo della metropolitana o di un aeroporto. Libertà e trasparenza hanno sempre un prezzo da pagare.

QUELLI (POLITICI E GIORNALISTI) CHE NON CAPISCONO                                 UN ACCIDENTE…

televisione1

Chi ha il business nel sangue come sempre ha fatto presto a capire la rivoluzione e a trarne guadagni, le imprese si adeguano alla comunicazione virtuale, ci sono perfino genietti adolescenti che hanno capito le potenzialità e le risorse del web, e grazie ai nuovi strumenti di comunicazione hanno costruito a volte un piccolo impero. Chi non ha capito un bel niente sono la stragrande maggioranza dei politici e dei giornalisti, opinionisti, conduttori – i presunti professionisti dell’informazione nella carta stampata o in televisione. Vero è che il premier Renzi si affida più volentieri a Twitter che ai giornali e alle emittenti televisive (per la verità non disdegna niente, e quando vuole telegraficamente comunicare si affida gioiosamente, in cinque secondi, a un tweet). Vero che Grillo ha costruito il suo successo politico, ha conquistato un immenso consenso grazie ad Internet – dopo lunghe e pazienti esibizioni nei teatri. Ma che ne dite del pollaio dei politici che continuano a voler andare in video, a blaterare banalità, senza rendersi conto che provocano il rifiuto e il disprezzo della gente? E non vi siete stufati di leggere – dico un nome a caso, Ernesto Galli della Loggia, qui più volte citato – e tanti altri soloni e tromboni, e anche vecchi nostalgici dei giornali che furono, non vi siete stufati di leggere i loro interminabili e inconcludenti articoli di fondo? E se guardate la televisione non vi viene l’orticaria nel seguire – dico solo due nomi, Myrta Merlino e Tiziana Panella perché seguo in sottofondo i loro programmi, mentre lavoro – il conduttore che provoca il chiasso, partecipa con i suoi strilli al caos, toglie puntualmente la parola ai pochissimi che tentano di dire qualcosa di buon senso o addirittura di acuto, profondo ed intelligente? Non capiscono, quei conduttori e quelle conduttrici, che contribuiscono giorno per giorno alla distruzione del mezzo televisivo, come la goccia che erode la roccia?

NON CI SONO PIU’ I COMUNICATORI DI UNA VOLTA?

Azienda comunicazione

Non voglio quindi inserirmi nel bla bla universale. Ma mi sembra interessante ciò che mi ha scritto uno dei tanti amici professionisti, gli interlocutori che abbiamo nel mondo degli uffici stampa e delle relazioni esterne: “Non ci sono più amministratori delegati o presidenti grandi comunicatori o è finita l’epoca dei grandi professionisti della comunicazione ? Di fatto sono cambiati i tempi. Gli anni della crisi e le ristrutturazioni in atto in molte aziende – ristrutturazioni di business e societarie, spesso anche con pesanti riorganizzazioni del personale – hanno imposto un generale ‘back to the basics’, cui non si addice più la visibilità del passato. Con i capi azienda focalizzati sulle attività principali e un lavoro meticoloso per ridurre al massimo ogni fonte d’inefficienza, le funzioni di relazione e comunicazione, istituzionale, corporate e di prodotto, sono sempre più di affiancamento e reale supporto al business, per portare risultati esattamente come le funzioni di linea pur essendo parte degli staff. Tutte le loro competenze acquisite in questi anni e anche le richieste di maggiore valorizzazione del portato professionale adesso hanno una più diretta possibilità di azione, anche se a discapito di un’immagine apparentemente più defilata. È l’era degli amministratori delegati tecnici e riservati e anche i presidenti più operativi si discostano raramente da un anglosassone low profile. È un modo nuovo o forse semplicemente diverso di comunicare, figlio di un generale cambiamento in atto, che forse per qualche tempo non porterà più molti leaks ai giornali ma magari qualche mezzo punto di Pil in più per il Paese. E poi magari fra un po’, come spesso accade, le cose ricambieranno, in una sana e pacificata alternanza.”
Rispondo: sono riflessioni utili e interessanti, ne aspetto altre – se qualcuno abbia voglia di intervenire.

UN RICORDO DI PASOLINI, ANZI DUE…

Pasolini

Non l’ho conosciuto, non l’ho frequentato e – se debbo essere sincero – neanche tanto mi manca. Anche se di Pasolini non sono certo un critico feroce (ed eccessivo, consentimi caro Mauro) come, ad esempio, l’eclettico ed estroso Della Porta Raffo lo è, a tutto campo, verso la persona e verso lo scrittore-poeta-regista. Le celebrazioni di Pasolini che si stanno facendo nel quarantesimo anniversario della sua morte mi sembrano estenuanti e poco edificanti. Preferisco ricordarlo frugando nella memoria, per due incontri personali.
Il primo: ero debuttante a “Il Corriere dello Sport”, nel ’65, e Antonio Ghirelli aveva lanciato una pagina – “Forza ragazzi” – estranea alle cronache sportive, per manifestare attenzione verso il mondo giovanile, quello più attento alla cultura che al tifo per una squadra calcistica. Mi affidò la pagina e io chissà perché gli chiesi di intervistare Pasolini. Permesso accordato, ne ricavai un’intervista (ah, se riuscissi a recuperarla!) in cui, forse in modo un po’ brusco, il poeta si espresse e io in forma un po’ immatura riferii. A farla breve, peste e corna verso il mondo del calcio, l’informazione sportiva, il tifo: tutto ciò che è negativo e oggi è peggiorato in maniera esponenziale. Ghirelli pubblicò tutto, con una nota moderata, indispensabile in un giornale sportivo, di fronte a una critica tanto aspra. Per quanto mi riguarda, fui affascinato dall’indiplomatica capacità di Pasolini di rovesciare addosso all’inesperto intervistatore tutto ciò che pensava, senza filtri né compromessi. Non avrei mai immaginato che, appena dieci anni dopo (e nel ’75 io dirigevo “Il Corriere d’Informazione” e scrissi il necrologio) il famoso scrittore avrebbe fatto un’orribile fine.
Il secondo è legato a una partita amichevole di calcio, sempre in quegli anni, come tante se ne organizzano tra dilettanti: in quel caso, tra giornalisti e personaggi del mondo dello spettacolo e della cultura. La memoria mi tradisce, non ricordo se giocammo a Roma allo stadio Flaminio o a Genova allo stadio Marassi. Ricordo che pioveva di brutto, a centrocampo Pasolini si muoveva con ardore e agonismo, anche cattiveria, c’era anche Raimondo Vianello, insospettabilmente duro e tosto, aggressivo, nelle giocate. Centrocampista anch’io e consentitemi la sparata: perché solo chi ha giocato a centrocampo può dire di capire qualcosa di calcio. Ci furono scontri, capitomboli, scivoloni nel fango sotto il diluvio. Un bel ricordo! Ho una fotografia che mi piacerebbe rivedere, ora che sono vecchio: giovane, forte, aitante, spensierato, salto di testa per contendere il pallone proprio a lui, i suoi capelli e i miei, al tempo lunghissimi, svolazzanti in aria. Sembriamo tutti e due calciatori veri, ma io ero un cane, uno scarpone, un randellatore, un modesto cursore. Però adoravamo il calcio, tutti e due, come un forma di vita leale e competitiva, e questo, anche se ci picchiammo un po’, chi bastava e ci divertiva.

LETTERE ALLE MIE AMICHE. CARA MARTA MARZOTTO

Marta Marzotto

Per qualche giorno vorrei tenere una nuova rubrica, qui. Forse non vi interesserà, ma quante volte devo dirvi che considero questo spazio come un diario, parola preziosa nei secoli, e non come un blog, una delle tante brutte parole che ci infligge la lingua inglese? In breve: mi è venuta voglia di scrivere giorno per giorno alle tante donne di ingegno, di cuore e di bellezza che mi sono piaciute, nella mia complessa vita. Con l’impegno, di fronte a me stesso, di essere sincero. La prima lettera è per Marta Marzotto, ho già scritto che dopo tanto tempo l’ho incontrata, a Milano. Marta: mi hai dato, forse vent’anni fa, una magnifica intervista. Posso confidarti ora che ero molto emozionato: ansia da prestazione, addirittura come intervistatore. Eri “troppo” per me, per la mia sfacciataggine. Troppo affascinante, seduttiva, brillante, generosa, dilagante nei tuoi ricordi e nelle battute prive di riguardi e di censura.
Certo mi sarebbe piaciuto corteggiarti, come hanno fatto inutilmente migliaia di tuoi ammiratori (e tu ne hai voluto e amato solo tre). Oggi, rivedendoti, il ricordo è più delicato e intenso, rispetto a quello che poteva essere (nella mia fantasia), e non è stato: non ho mai avuto il coraggio di darti un bacio, che oggi ti mando, con devozione e rispetto, dal mio diario.
Non amo che le rose che non colsi, ha scritto il decadente Gozzano – e questi, comunque, alla vigilia dell’umano congedo sono i miei versi preferiti.

cesare@lamescolanza.com
24.11.2015