OGGI VI DICO CHE…

“Tutto ciò che serve per avere fiducia nella vita sono ignoranza e fiducia in se stessi” (Mark Twain)

 

 

ATTUALIZZANDO. SOCRATE 2000 PER IL RITORNO AL MERITO

socrate

In apparenza, il folgorante paradosso di Twain fa sorridere e appare convincente – nel suo totale cinismo.  Guardiamoci intorno: dovunque possiamo vedere personaggi di successo che testimoniano in maniera evidente quello che ha scritto Twain. / Nella realtà, e per fortuna, le cose sono diverse: c’è anche chi lavora duro; ci sono gli insicuri che hanno successo comunque grazie al valore, che alla fine si impone, e alla loro vocazione.  La vera peste qual è? La raccomandazione, il nepotismo, la spintarella, il calcio nel sedere, gli ammanigliamenti: si può definire in tanti modi, ma alla fine il disastro è chiaro, il merito non è preso in considerazione, i giovani meritevoli lottano più del dovuto o debbono arrendersi di fronte all’arrogante ascesa dei “figli di”, “degli amici di”… Perciò un paio di anni fa ho fondato un movimento, “Socrate 2000. Per il ritorno al merito”: un movimento di opinione senza fine di lucro, aperto a tutti, senza distinzione di politica, religione, ceto sociale, ecc… Il tratto in comune dev’essere uno solo: basta con gli asini raccomandati, il merito dev’essere premiato – mai mortificato. Abbiamo seimila adesioni. Chi voglia darci una mano, può cliccare su Socrate2000 e dare la propria  adesione. Presto studieremo iniziative per far sentire la nostra voce.

 

 

ANCORA SU SCARONI E IL FATTO QUOTIDIANO

scaroni padellaro

Mi hanno telefonato alcuni amici, interessati a questi argomenti, per commentare quanto ho scritto ieri, sulla partecipazione di Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni, alla festa del quotidiano “Il Fatto”, alla sua intervista nel convegno, pubblicata poi dal giornale, a firma di Stefano Feltri e del direttore Antonio Padellaro. Nella nota di ieri deploravo che Gad Lerner, protagonista a volte e molte altre volte prezzemolo di qualsiasi polemica in cui si possa esibire il pregiudizio, si sia avventato su questo confronto – con le abituali malizie e il gusto allusivo di scoprire chissà quali retroscena.

Tra gli amici, c’è chi mi ha detto che Scaroni ha fatto male ad “abbassarsi” a mettersi a tu per

tu con un giornale molto critico e in un ambiente, probabilmente, più vicino ai pregiudizi di Lerner che disponibile ad approfondire la complessità della guida, tattica e strategica, di una grande azienda. Altri amici mi hanno detto invece che ha sbagliato “Il Fatto” a invitare un manager che rappresenta tutto un altro mondo, rispetto agli ideali e alle battaglie che il giornale conduce, con successo.  Si tratta, in totale, di un gruppo di sette/otto amici, che hanno idee diverse ma si rispettano: pochi, forse, per rappresentare un sondaggio, molti, certamente, per farmi intendere che non ero stato capito, ovviamente per colpa mia. Me ne scuso con tutti.

Ebbene, proverò ad essere più chiaro. Non solo perchè sono un giornalista e dunque curioso, ma anche perchè cerco di ragionare sempre con la mia testa ma non disprezzo mai le opinioni degli altri, voglio dirvi, cari amici, qualcosa di molto semplice: per me il confronto tra le idee (civile, senza insulti, senza aggressività) è un valore che supera ogni altra considerazione, è un valore costruttivo, indispensabile  in qualsiasi dibattito. Perciò approvo che “Il Fatto” abbia invitato Scaroni, senza pregiudizi, e che lo abbia intervistato senza – ipotesi assurda – mettersi in ginocchio, ma sottoponendogli qualsiasi domanda. E approvo che Scaroni sia andato nel bunker dei presunti “nemici”, rispondendo quasi a tutto, senza negarsi per quei soliti timori (che un manager non dovrebbe mai avere) da cui tanti imprenditori e rappresentanti di un’alta fascia sociale, simile a quella dell’ad dell’Eni, si fanno frenare.

Tutto qui. Ovvio che Scaroni e “Il Fatto”, dopo l’incontro, mantengano le loro spesso opposte azioni e convinzioni, senza rinunciare alle rigidità che li distinguono. Ma, intanto, il confronto è stato utile: aiuta la comprensione delle cose, incrina qualche pregiudizio, scardina qualche luogo comune, culturalmente è significativo… Del resto non è Francesco il simbolo più alto dell’importanza del dialogo, anche e forse soprattutto con chi non è credente? Il fine ultimo del Pontefice è la conquista di anime, i religiosi indirizzi da dare a chi crede e a chi non crede. Non è prevedibile certo una qualsiasi “conversione”, sia per Scaroni sia per “Il Fatto”! Scaroni non sarà mai un giornalista di quel quotidiano e nessun laico missionario di quel quotidiano diventerà mai un manager dell’Eni o di altra simile azienda. Ma perchè non parlarsi, non spiegarsi? Perchè non allontanarsi da quel becero chiasso che distingue una certa lotta politica e anche

da certe  ambigue comunanze che si celano dietro la finzione di quelle risse?

 

 

E SCALFARI RISPONDE ANCORA A PAPA FRANCESCO

scalfari (1)

Anche su Eugenio Scalfari vorrei aggiungere qualcosa, ieri ne ho parlato a proposito della lettera che Francesco gli ha indirizzato, dopo due articoli pubblicati dal fondatore de “La Repubblica”. Ieri la dissertazione di Scalfari mi era apparsa vanitosa, egocentrica (“Io no n sono credente, non cerco Dio”, “Io penso che la fede sia un’invenzione consolatoria della mente umana”, troppo tronfia per l’indiscutibile scoop, superficiale… Ho esortato Scalfari ad approfondire i temi esposti dal Papa, non fosse altro che per  un’ovvia forma di rispetto.  E’ quello che oggi Scalfari ha fatto, dilungandosi alla sua maniera ricca di dissertazioni parallele e di citazioni.

Premetto che non penso affatto che Scalfari abbia voluto accontentare me! Sarebbe ridicolo, sono convinto che Eugenio neanche legga le mie modeste note! E sono convinto che neanche abbia inteso accontentare i molti lettori, non solo del quotidiano diretto da Ezio Mauro, che – questo mi risulta – hanno mostrato di avere le mie stesse esigenze. Macchè!

In questa seconda replica di Scalfari al Pontefice io mi permetto di intravedere tre aspetti. Il primo, l’ho già detto, il desiderio di tenere il passo umile del Papa, entrando nel merito degli argomenti, sia pure con il suo stile senescente più che mai ricco di enfasi e di retorica. Il secondo aspetto è che oggi, ancor più di ieri, è evidente il suo umanissimo godimento di “dilatare” il successo che ha avuto. “Non mi interessa lo scoop”, scrive subito all’inizio del suo articolo: excusatio non petita, accusatio manifesta…l’antico  sospetto latino,  confermato da tutto ciò che segue e anche dal bouquet di commenti a lato. Infine, il terzo aspetto è il più divertente: anche in questa sacra occasione Scalfari non rinuncia al suo vizietto di ergersi in cattedra e di segnare con il lapis rosso o blu le lacune del suo illustre e generoso interlocutore: “La visione dell’autonomia della politica mi sembra che sfugga al Papa…”, con l’inevitabile rinfacciamento delle scomuniche, delle Crociate e non ricordo più che cosa. Il secondo vizietto di Scalfari è il gusto, mai sostenuto dal succedersi degli eventi reali, di predire il futuro, giudicando il passato: “Molto difficilmente ci sarà un Francesco II e del resto non è un caso, se quel nome non sia stato fin qui mai usato per il successore di Pietro”…

Penso che Eugenio sia un grande e monumentale ormai, geniale ancor oggi protagonista del mondo editoriale: anche quei vizietti lo hanno reso popolare, famoso, discusso, riverito.  E dunque, dal momento che questa news lettera è impastata nella bonarietà vorrei concludere con un riferimento alla cabala. Che dice che una bruttissima fine (in primis De Mita, ma i malcapitati sono anche altri) hanno fatto i personaggi di cui il Fondatore si è innamorato. Per fortuna in questo caso Francesco non riceve un sostegno totale e assoluto, e quindi ci sono margini di speranza sia per il Pontefice sia per tutti noi che sinceramente abbiamo imparato ad amarlo.

 

 

 

12-09-13

 

 

 

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