RICORRENZE… SERGIO LEONE, INCOMPRESO

Trent’anni fa. Domenica 30 aprile 1989. Muore a Roma, a 60 anni, il regista e sceneggiatore Sergio Leone. «Non fu il padre dello spaghetti-western. Questa etichetta, che gli è arrivata addosso tardi, assieme ai tardivi riconoscimenti e pentimenti di una critica che, all’inizio, lo ha maltrattato, la rifiutava, un po’ per civetteria, un po’ sul serio. In termini di pura contabilità cinematografica aveva sicuramente ragione. Prima della folgorante apparizione, nel 1964, di ‘Per un pugno di dollari’ di Bob Robertson – Sergio Leone in quanto figlio di Roberto Roberti, regista, italiano, artigiano –, la via italiana al western esisteva già, assomigliava a una formosiana industria dei falsi e aveva già prodotto almeno venticinque film. Del western all’italiana, Leone è stato semmai il Pigmalione, quello che lo ha fatto crescere, che ne ha rivelato le possibilità e le ragioni segrete.” (Irene Bignardi, 3/5/1989).

UNA INDISCREZIONE AL GIORNO…HO BACIATO I PIÙ FIGHI!

Dichiariamoli. «Raoul Bova, Alessandro Gassmann, Luca Argentero ben due volte e Alessandro Preziosi».
È curriculum. «Eh, e nonostante tutto mi imbarazzo: sono una cojona» (Paola Cortellesi ad Alessandro Ferrucci) [Il Fatto].

 

 

OGGI VI DICO CHE… LICENZIARE

“Ho dato le dimissioni, ma le ho rifiutate”.
(Sir Winston Churchill)
“Mio padre aveva lavorato nella stessa azienda per dodici anni. Poi lo licenziarono per sostituirlo con un computer grosso così. Fa tutto ciò che faceva mio padre, ma meglio. La cosa più deprimente è che mia madre ha abbandonato la casa e ne ha comprato uno”.
(Woody Allen)
“[…] E poi c’è l’arma decisiva: la minaccia costante, a tutti i livelli della gerarchia, del licenziamento, e quindi della perdita dei mezzi di sussistenza, dei diritti acquisiti, di un posto nella società e della dignità umana che esso comporta”.
(Zygmunt Bauman)
“In Italia non ci si deve mai dimettere da nulla. Ne sono pronti, sempre, altri sette.”
(Maurizio Costanzo)
“Un impiegato va dal principale per chiedere un aumento di stipendio, dicendogli: ‘Io qui faccio il lavoro di tre persone’. E il capo replica: ‘Dammi il nome degli altri due che li licenzio’.” (Milton Berle, attore americano)

ATTUALIZZANDO… ANCHE IN RAI SI PUO’

I dirigenti in Rai possono essere licenziati, proprio come tutti gli altri.
Insomma, sui licenziamenti in Rai si fa un po’ di confusione? Ho qualche buona fonte: non è molto, ma neanche poco. E posso dare un contributo alla chiarezza. Ai dirigenti Rai si applica il contratto nazionale dei dirigenti di impresa, salvo il tetto retributivo fissato per legge a 240 mila euro. Il contratto nazionale è integrato da accordi aziendali che, tuttavia, non introducono alcuna garanzia particolare aggiuntiva.

PER GIUSTA CAUSA E ANCHE NO

Un dirigente Rai può essere licenziato, esattamente come i dirigenti operanti in aziende di diritto privato, per giusta causa, giustificato motivo (in questo caso dietro pagamento dell’indennità di preavviso), o anche senza la sussistenza nè dell’uno, nè dell’altra, dietro pagamento dell’indennità di preavviso e di un numero definito di mensilità a titolo risarcitorio. Tanto il numero di mensilità dovute a titolo di preavviso, quanto quelle dovute a titolo di risarcimento sono stabilite contrattualmente a seconda dell’anzianità di servizio del dirigente ed entrambe sono state ridotte, con i più recenti accordi sindacali.

“RISOLUZIONE CONSENSUALE”

In questi anni la Rai si è avvalsa della facoltà di licenziare i dirigenti e lo ha fatto (potrei citare diversi casi), sebbene i licenzamenti non siano apparsi come tali, ma come risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro. Cosa che ha consentito alla Rai di risparmiare parecchio. L’ indennità di preavviso, infatti, sarebbe costata anche il pagamento di contributi e T.F.R., mentre le somme corrisposte a titolo di risoluzione consensuale sono soggette a trattenute fiscali che impattano esclusivamente sul dirigente e non sull’Azienda (che ha il solo onere di trattenere i relativi importi e versarli in veste di sostituto di imposta). L’analisi è complessa (vedi il caso Fazio) e perciò, se necessario, tornerò sull’argomento.

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