RICORRENZE… NATI IL 26 LUGLIO

Sandra Bullock, Francesco Cossiga, Aldous Huxley, Mick Jagger, Carl Gustav Jung, Stanley Kubrick, Antonio Machado, Helen Mirren, George Bernard Shaw, Kevin Spacey.
Morti il 26 luglio: Elena Lucrezia Cornaro (la prima donna laureata al mondo, Padova, 1684), Charles Lindbergh, Evita Peron.

 

UNA INDISCREZIONE AL GIORNO… BORGES RINUNCIÒ

Nel giorno del suo trentacinquesimo compleanno, il 24 agosto 1934, Jorge Luis Borges tentò di suicidarsi. Comprò: una pistola in un’armeria di Buenos Aires, un romanzo di Ellery Queen, un biglietto ferroviario sola andata per Adroguè, in campagna, dove prese una camera all’Hotel Las Delicias. In piedi, davanti allo specchio, si puntò l’arma alla tempia, fissando l’immagine riflessa dell’indice sul grilletto. Fu distolto dalla sua stessa immagine di suicidando e ci ripensò.

OGGI VI DICO CHE… IL DOLORE

“Non abbiate paura del dolore, o finirà o vi finirà.”
(Lucio Anneo Seneca)
“Alla sua tomba come a tutte quelle su cui piansi, il mio dolore fu dedicato anche a quella parte di me stesso che vi era sepolta.”
(Italo Svevo)
“Ahi! sugli estinti
non sorge fiore ove non sia d’umane
lodi onorato e d’amoroso pianto.”
(Ugo Foscolo)
“Il dolore è ancor più dolore se tace”.
(Giovanni Pascoli)
“Il grande dolore che ci provoca la morte di un buon conoscente ed amico deriva dalla consapevolezza che in ogni individuo v’è qualcosa che è solo suo, e che va perduto per sempre.”
(Arthur Schopenhauer)

ATTUALIZZANDO… IN MORTE DI GIANIN BONELLI

Se n’è andato un mio grande amico, Gianni Bonelli, Gianìn per tutti coloro (moltissimi) che gli volevano bene. Il primo istinto è stato di dedicargli interamente, oggi, la nota del mio diario. Poi ho cambiato idea: Gianìn amava questa “mescolanza” abituale di argomenti molto diversi, alle 5 della sera. Era un mio lettore colto, fedele e severo. Guai se commettevo un errore, se incappavo in un lapsus: subito me lo contestava, come sapeva fare lui, con ironia, affetto, lievità.
Bonelli è stato per decenni un personaggio politico importante, fondamentale, in Liguria: amico fidato di Paolo Emilio Taviani e suo braccio operativo. Corretto, equilibrato, onesto, sensibile, umanissimo, generoso: amato e detestato come, purtroppo ma inevitabilmente, succede a tutti, in politica. Abbiamo fatto insieme tanti viaggi in Europa, senza meta. Adorava guidare. Conversazioni, allegria e tristezza, anche litigate senza fine.
Ci sentivamo al telefono spesso, durante la settimana. L’ultima volta, domenica 21 luglio. Percepivo nelle sue frasi il presentimento della fine, non volevo coglierlo, rispondevo con le sciocchezze consolatrici che si usano in queste situazioni. A un certo punto mi ha detto che non se la sentiva, nell’imminente agosto, di andare in vacanza nel suo luogo preferito, San Giacomo di Roburent, il paese per lui irrinunciabile: passeggiate, funghi, interminabili partite a bocce, la compagnia di parenti e amici. In quel momento ho capito che gli si era esaurita la forza, forse anche la voglia di vivere. Ma nessuno dei due poteva immaginare che solo due giorni dopo, alla mezzanotte tra il 23 e il 24, una emorragia lo avrebbe stroncato. Resto sempre sgomento di fronte all’inesorabilità brutale della morte.
Ne scriverò ancora e ancora. La notizia era apparsa con evidenza sul più importante quotidiano di Genova, ‘Il Secolo XIX’. Ma io ero ignaro, non leggo volentieri i giornali. In questo giorni. Mi ha telefonato per dirmelo Paola, una delle sue due amatissime figlie. Il dolore è stato subito profondo. Ciò che mi ha impressionato è la dignità che ha avuto, nell’andarsene. Di fronte all’emorragia, la moglie voleva chiamare un’ambulanza. Lui, consapevole, ha detto di no: ha preferito spegnersi in casa, tra le sue
braccia.
Il funerale è stato ieri. Non sono in condizione di muovermi, non sono andato. Un senso di colpa mi opprime, non me lo perdono. Lui si, lo avrebbe fatto, con l’abituale ironia.

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