OGGI VI DICO CHE… LIBERTÀ DI MENTE

“Bisogna sempre avere il coraggio delle proprie idee e non temere le conseguenze perché l’uomo è libero solo quando può esprimere il proprio pensiero senza piegarsi ai condizionamenti”. (Charlie Chaplin)
“La libertà è la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, di esperimentare, di dire no a una qualsiasi autorità, letteraria artistica filosofica religiosa sociale, e anche politica”. (Ignazio Silone)
“Chiudete tutte librerie, se volete; ma non c’è nessun cancello, nessuna serratura, nessun bullone che potete regolare sulla libertà della mia mente”. (Virginia Wolf)

ATTUALIZZANDO… IO E FELTRI, UN RAPPORTO COMPLESSO

vittorio feltriUna cosa sicura c’è: siamo amici. Ma, sulla base di uno spunto spiacevole, voglio raccontarvi una storia interessante. Lo spunto spiacevole sta in un trafiletto pubblicato da “Dagospia”, in cui si affermava che io avrei ricevuto l’ordine da Maurizio Belpietro, fondatore e direttore de “La Verità”, di pungere Vittorio, per consentirgli di consumare una sua fredda vendetta (Belpietro fu licenziato in malo modo dall’editore di Libero, colpevole di una linea anti renziana, per poi assumere Feltri). E qui, una prima pausa. Ci sono tre riflessioni da proporvi.

SFIDO CHIUNQUE A DIMOSTRARE CHE PRENDO ORDINI

Cesare-LanzaTra qualche giorno festeggio (si fa per dire, queste celebrazioni hanno un intenso sapore necrologico) i miei primi sessant’anni di carriera. Cominciai nel ’56 a 14 anni. Sfido chiunque a sostenere e dimostrare che io abbia ubbidito ad ordini, da qualsiasi provenienza arrivassero: politici, big della finanza, editori, direttori… i miei amici, quelli che mi conoscono meglio, dicono che ho un brutto caratteraccio, e questo secondo loro mi ha impedito di posare le chiappe su poltrone istituzionali, tipo telegiornali, grandi giornali, eccetera. Non lo so, ma essendo anche litigioso, la mia storia professionale indica che spesso ho litigato con gli editori e me ne sono andato, quasi sempre ho fatto io il direttore e avevo un solo interlocutore, la proprietà del giornale. Da quando, da esterno, scrivo sui giornali come collaboratore, nessun direttore ha mai pensato di impartirmi ordini. Ricordo che, a “Domenica In”, una volta, il presidente Antonio Baldassarre voleva licenziarmi, gli uffici legali gli dissero che era impossibile perché non ero un dipendente. Aveva dichiarato pubblicamente che io avevo commesso (una delle mie “solite fesserie”, invitando Monica Lewinsky come ospite del programma). Gli risposi per le rime, invitandolo a concordare un giurì d’onore (composto dai più grandi e famosi giornalisti dell’epoca) per stabilire chi, tra noi due, avesse commesso un maggior numero di sciocchezze, se io in tanti anni, o se lui nei pochi mesi della sua presidenza.

CIO’ CHE PENSO DI DAGOSPIA…

Roberto D-Agostino 2Apprezzo il talento, indiscutibile, di Roberto D’Agostino e invidio il successo del suo sito. Non è la mia formula preferita di comunicare e di giornalismo, ma pensate che noia, se fossimo tutti uguali. Dagospia è irriverente e impertinente strutturalmente: ho appena scritto che lo apprezzo, posso forse smettere di apprezzarlo perché questa volta sono io il bersaglio del suo sberleffo? Certamente, no. Anzi, mi dispiace di aver frequentato Roberto pochissimo, e la spiegazione c’è. Una sera, in un ricevimento, per una disgraziata battuta del povero Aldo De Luca, coloumnist de Il Messaggero lui si irritò molto e, chissà perché, se la prese con tutti e due. E, in pratica, non ci siamo, se ricordo bene, mai più incontrati. Quando va in televisione, non mi piace la sua lunghissima barba, ma puntualmente mi piace ciò che dice, controcorrente, infischiandosi di qualsiasi potente.

IL LIMITE DELLA SATIRA? VE LO DICE CESARETTO

spadolini-forattiniDi questo argomento si discute molto. Non voglio predicare da una cattedra, che non mi spetta: non ne ho né i titoli né la presunzione. Ma a Cesaretto, cioè al sottoscritto, il limite sembra semplice: deve esserci, sempre, uno spunto di verità. E ogni esagerazione, ogni irrisione, sono motivate e la comicità spesso diventa irresistibile. Esempi? La bilancia dice che peso 140 chili, quindi se mi dicono che assomiglio a un maiale o ad un ippopotamo, niente da obiettare. Non sono felice ma sorrido. Forattini disegnava Spadolini, grasso più di me, con un pisellino minuscolo: si sa che gli obesi, e posso confermare, sotto la pancia nascondono minuzie: quindi, tutto ok. Se invece Forattini avesse raffigurato Spadolini come un gangster o un pugile, o uno sciupafemmine, il nesso mi sarebbe sfuggito, e forse sarebbe stato fastidioso. Tutto questo sproloquietto per dire che, se io non prendo ordini, la battuta di Dago mi irrita. Sono anche permaloso, e vorrei finirla qui. Maurizio Belpietro ha inviato a Dagospia questa smentita: “Caro Dago, leggo che mi sarei vendicato di Vittorio Feltri “ordinando” a Cesare Lanza un ricatto al vetriolo del direttore di Libero. Niente di vero. Primo, non mi interesso occuparmi di Feltri. Secondo, Lanza non è uomo che si fa ordinare alcunché. La sua storia professionale lo dimostra”.

LA COMPLESSITA’ DEI RAPPORTI CON VITT

vittorio feltriSintetizzo, ma la storia è lunga. A metà degli anni settanta dirigevo il Corriere d’Informazione. Ero molto giovane, arrogante. Eccessivamente sicuro di me. Assunsi una decina di ragazzi in pantaloni corti o quasi, erano i miei beniamini: quasi tutti fecero una splendida carriera. In redazione, c’era Vittorio Feltri, mio coetaneo. La bellezza di quindici anni dopo (anche lui, che caratteraccio!), Vitt mi confidò quanto all’epoca gli stessi sulle palle: per la mia esuberanza/arroganza, per la preferenza che accordavo ai giovanissimi. Da allora cominciò un rapporto forte e bello. Se c’erano ombre, erano giustificate dalla schiettezza con cui ci parlavamo.
Una volta, mi invitò a pranzo per offrirmi un ruolo di suo “vice”: poi per lungo tempo non lo sentii più, neanche una telefonata per dirmi che ci aveva ripensato. Ma, in compenso, generosamente mi ha dato sostegno in tante occasioni: ad esempio, scrisse addirittura un fondo, in prima pagina, contro Baldassarre, per darmi solidarietà. Mi invitò più di una volta a scrivere sui giornali che dirigeva. E non importa se, un’altra volta, disse stop a una serie di articoli con cui attaccavo scuole e insegnanti, sullo spunto di una bocciatura ingiusta subita all’esame di licenza liceale, di una mia figlia. Perbacco, il direttore del giornale deve avere (forse perché varie volte l’ho fatto) il privilegio e la responsabilità di dire l’ultima parola e di stabilire la “linea”. Peraltro – anche questo è Vittorio – scrisse, oltre a parole gentili verso la categoria degli insegnanti (e aveva ragione), che avrebbe accolto volentieri mia figlia in redazione, se lei avesse voluto fare giornalismo (a scanso di equivoci, la figlioletta cara al mio cuore ha preso tutt’altra strada).
Sono grato a Feltri per molti suoi comportamenti. Abbiamo avuto pranzi e cene piacevoli, conversando a ruota libera su qualsiasi argomento. A lui mi sono affezionato in modo netto; forse un po’ anche lui a me.

SGOMENTO PER IL SUO RITORNO A LIBERO…

maurizio-belpietroInfine, qualche mese fa, è successo un patatrac. Da un giorno all’altro Maurizio Belpietro, direttore, è stato esonerato dall’editore di Libero, scontento della linea politica ostile al premier. A succedergli è stato chiamato Vittorio. L’avvicendamento ha suscitato molto chiasso: sia per le modalità, sia perché Feltri è sempre stato molto critico verso i potenti e verso qualsiasi capo di governo e stupiva che assumesse la direzione di un giornale di proprietà di sostenitori di Renzi. Ed ecco un’ombra tra di noi: ho scritto un paio di volte a Vitt, l’ho cercato al telefono: non mi ha risposto, zero assoluto. Desideravo capire. Molti amici comuni mi hanno detto che lui è fatto così (e del resto a me era già capitato una volta): d’improvviso, e senza spiegazioni, si allontana, si nega quasi a chiunque, assume posizioni brusche e/o contraddittorie. Ma il bello è che, qualche giorno prima del blitz, eravamo stati a cena: senza parlarmi di Libero, mi aveva confidato che era in procinto di assumere la guida di un giornale, mi aveva chiesto anche un parere su un amico comune, che avrebbe voluto come co- direttore o vice direttore. Da quel momento, ripeto, non una sola parola: era sparito nelle nebbie. Incomprensibile per me.

“SALISCENDI” SU LA VERITÀ. FELTRI RENZIANO?

la-veritaE cosa ho scritto, infine, su La Verità? Premetto che dico, qui in questo mio diario, tutto ciò che penso; idem, quando posso, nei giornali che mi ospitano. Su La Verità curo una rubrica, oltre ad altre cose, che si chiama “Saliscendi”. In una puntata dedicata ai vincitori e agli sconfitti del referendum, ho inserito Vitt tra i perdenti. Per l’impressionante titolo che aveva pubblicato su Libero, il giorno del voto: “Una grande minchiata”, gigantesco, in prima pagina; e per una presunta vicinanza al premier bastonato. Ieri sera, Vitt mi ha mandato un sms affettuoso e risentito: “Tu puoi dire e scrivere di me quello che ti pare, meno che io sia un ladro o un renziano. Non troverai mai un mio pezzo in cui elogi l’ex premier… non ho votato il referendum, ma se lo avessi votato avrei tracciato la croce sul Si perché la Costituzione Italiana mi disgusta. L’abolirei tutta”. A seguire, abbiamo avuto un lungo scambio, con una sua intransigente severità verso la corte costituzionale, i costituzionalisti “improvvisati”, un’amarezza che mi ha molto colpito. Il bello è che, avendo lui cambiato numero di telefono, non lo avevo inizialmente riconosciuto. Questo spiega, in parte, il suo silenzio, forse i miei messaggi erano arrivati a un cell, che non utilizza più.

QUALCHE DOVEROSA CONCLUSIONE…

feltri-vittorioIn ordine: 1. Belpietro non è direttore che dia ordini da caserma, io per fortuna non ho fatto neanche il servizio militare. 2. Con Belpietro non ho avuto una frequentazione simile a quella con Feltri. Lo stimo molto, penso che sia un ottimo giornalista, eccellente nella scrittura, coraggioso nella scelta della linea politica da portare avanti. 3. Mi auguro, anzi sono sicuro, che Feltri e Bepietro torneranno amici, come sono stati, avendo per tanti anni lavorato fianco a fianco. 4. Visto che Vittorio smentisce con tanta passione e decisione, può darsi che io mi sia sbagliato nell’aver rilevato un pesante feeling con Renzi. Mi dispiace e lo scrivo. Ma, per schiettezza, devo anche dire che questa è una diffusa sensazione tra gli addetti ai lavori, in politica e nei mass media.
Aggiungo che ho seguito sporadicamente Libero, sia per la mortificazione che avevo tratto dal silenzio di Vittorio, sia perché mi infastidiva il pensiero di un suo drastico, improvviso cambiamento di opinioni politiche. Nella sua carriera, il grande intuito di Vitt è stato quello, conquistando masse di lettori, di capire al volo gli umori e le proteste della gente: la Lega, Mani Pulite, Affittopoli, le sue campagne più eclatanti. Perciò mi turbava questo, inspiegabile, cambio di linea. Ma per me è infinitamente più importante che si sia ricostituito un dialogo: questa è l’amicizia, bellezza. Ci rivedremo prima di Natale, parleremo di tutto e – questo è un diario – vi racconterò confidenze serie e futilità, se Vitt, ne sono certo, me lo consentirà.

cesare@lamescolanza.com
09.12.2016