OGGI VI DICO CHE… LE INDIMENTICABILI RADICI

“Vi sono due cose durevoli che possiamo sperare di lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali”. (Proverbio cinese)
“Sono come la pianta che cresce sulla nuda roccia: tanto più mi sferza il vento tanto più affondo le mie radici”. (Proverbio indiano)
“Dona a chi ami ali per volare, radici per tornare e motivi per rimanere”. (Dalai Lama)
“Radici e ali. Ma che le ali mettano radici e le radici volino”. (Juan Ramón Jiménez)
“Con i mattoni si costruisce, grazie alle radici si cresce”. (Susanna Tamaro)

ATTUALIZZANDO… UN GIORNO NELLA MIA COSENZA

cosenza-300Non conoscevo Sergio Nucci. Come presidente del più antico Rotary di Cosenza mi ha invitato a una conversazione con gli iscritti al prestigioso club e con chiunque volesse partecipare (ingresso libero, insolitamente). Ho accettato con entusiasmo: l’invito – uno di una lunga serie – era incentrato sulla mia cosentinità; e alle mie origini, come ho scritto tante volte, tengo moltissimo. Forse qualcuno di voi ricorda ciò che ho dedicato a Genova, qualche giorno fa. E se Genova è la mia madre adottiva, Cosenza è la mia madre naturale: lì sono nato, l’8 luglio 1942, in via Rivocati 108, in casa, come si usava. All’alba: mio nonno, Salvatore, per festeggiare scese in strada, dove c’erano i banchetti del mercato, e acquistò un intero carretto di frutta. Mia mamma e le altre donne di casa, esauste per il parto un po’ difficoltoso, non gradirono granché.

ATTIMI FUGGENTI / HO RIVISTO LA ZIA DEL CUORE

la-zia-del-cuoreSi chiama Franca, sorella di mia madre, ha novant’anni, le sono affezionato in modo speciale. Quanto sia bella e giovanile, la vedete in questa foto, scattata ieri dalla figlia della zia Franca, Antonella, una donna di particolare intelligenza e di sensibilità non comune. Non andavo a Cosenza da alcuni anni. E voi conoscete la mia filosofia: la vita non ci concede felicità, né stabile serenità. Ma attimi fuggenti – che bisogna saper cogliere – sì. E ieri pomeriggio non sono stati attimi, ma ho avuto la fortuna di vivere un’ora intera di felicità suprema. Con memoria perfetta, la zia ricordava tutto del suo nipote, orgogliosamente presumo, preferito. Per uscire dalla tenerezza del cuore e sottolinearvi ancora una volta la mia passione per la buona cucina, aggiungo che ogni volta (in cinquant’anni!) che scendevo a Cosenza e passavo a salutarla, lei mi accoglieva con una torta – nella mia città la chiamano pizza – di crema pasticcera, la più buona del mondo, poveri voi che neanche potete immaginare quanto fosse deliziosa, perfetta.

PICCOLI PIACERI / A PROPOSITO… AL GIRONE DEI GOLOSI…

al-girone-dei-golosiLa visita a Cosenza era cominciata con una sosta, per pranzo, in un ristorante che non conoscevo: “Al girone dei golosi”. Non mancandomi mai la golosità, segnalo questo posto agli amici che gradiscono la rubrica “Piccoli piaceri”, per scambiarci gli indirizzi e i luoghi giusti per mangiare e bere bene. E le scoperte non finiscono mai: oltre a un’eccellente pasta alle vongole, ho assaggiato le patate “impacchiuse”, che – chiedo scusa – non conoscevo affatto, con le cipolle.

a

AL ROTARY, UNA CONVERSAZIONE CONFIDENZIALE

rotary-clubLa sera, eccomi all’incontro con i rotariani. Da una quindicina di anni ricevo qui e là qualche premio “alla carriera” e gentili inviti a tenere conferenze o a parteciparvi. Il piacere è grande, la vanità c’è, le lusinghe pure. C’è però anche un aspetto costante e insidioso: i toni, da parte di chi mi presenta, sono affettuosamente celebrativi. Direi necrologici, commemorativi. Ieri, con un colpo d’ala, sono riuscito a spazzare via, subito, i generosi complimenti, abbandonandomi a qualche confidenza.

a

SONO UN COSENTINO ATIPICO…

cosentino-atipicoIl pubblico di ieri no, i miei lettori sanno molto di me. Quindi sintetizzerò. Sono un cosentino atipico. A Cosenza sono nato, ma subito – per le paure di quegli anni di guerra – la mia famiglia si trasferì al nord. Fino a diciassette anni vissi e studiai a Genova. Poi esplose un grave conflitto con mio padre e scappai di casa. Mio padre detestava che giocassi al calcio e, in particolare, che scrivessi sui giornali, da quando avevo quattordici anni. Sognava per me un impiego in banca, come il suo, e mi puniva severamente. Quindi, la fuga. All’epoca la maggiore età era prevista a ventuno anni. Oggi, per la sparizione di un minorenne, oltre a polizia e carabinieri si muoverebbero molti programmi televisivi. Allora, anno 1959, la cosa non interessò proprio a nessuno. E vissi due mesi meravigliosi nei vicoli genovesi, esaltati da Fabrizio De André.

A COSENZA DUE RICORDI SU TUTTI!

due-ricordi-su-tuttiInfine, prima di Natale, mia madre – cosentina – si rivolse a un fratello in Calabria, Franco, e lo pregò di venire a “recuperarmi”. È così, da Genova mi trovai a Cosenza, con un secondo papà – Franco – e cinque fratelli, i suoi figli. Ed ecco i ricordi prevalenti. Il primo: proseguii gli studi al liceo Telesio, dove il preside Giallombardo mi concesse di entrare e uscire da scuola quando e come volessi. E perché? Perché avevo cominciato a fare il giornalista sul serio e ogni giorno, sotto la guida del corrispondente Gino Sesti, si dovevano coprire due pagine di cronaca, pubblicate da “Il Tempo“. Una gavetta formidabile, per me. E che pacchia, al liceo! Insegnanti e studenti erano spaccati a metà: alcuni mi invidiavano o ammiravano, altri (giustamente) mi detestavano.
Secondo ricordo: Cosenza era ben diversa da Genova, per uscire con una ragazza bisognava chiedere il permesso in famiglia, presentandosi ai genitori con un parente. E così assoldai un simpatico vecchietto, che accettò di essere presentato come uno zio, in cambio di qualche caffè e di qualche spicciolo. Dopo due o tre volte uno dei cugini mi disse: “Ohi Cè, statti accuorto, qua ti accoppano”. E così smisi, a malincuore.

IN RICORDO DI MARLENA

marlenaAlla fine mi hanno chiesto da quanto tempo mancassi da Cosenza e ho detto che l’ultima volta ero venuto per un atroce lutto. Dopo una lunga sofferenza, si era spenta, a poco più di vent’anni, una mia nipotina, Marlena. Ho ricordato che un giorno lei, come presidente dei giovani Lyons, mi aveva appuntato su un maglione una medaglietta. E qui – succede a noi anziani – mi sono commosso. Era presente in sala il papà di Marlena, Lello... Non sono riuscito a finire la frase e voglio concluderla qui. Quel distintivo è sempre lì, su quel maglione e lì resterà fino alla fine dei miei giorni. Per rispetto e memoria della mia splendida nipotina e per ricordare quanto sia ingiusto questo mondo, in cui è possibile che i figli muoiano prima dei genitori.

cesare@lamescolanza.com
16.11.2016