“Nuota controcorrente, fottitene, lascia che ridano. Guardali. Se riesci a vederli dietro le loro sbarre, ce l’hai fatta, ragazzo. È andata. Sei libero, sei fuori, sei nato”. (Diego Cugia, “Jack Folla Alcatraz”, 2000)
“Adesso è forse più difficile sembrare controcorrente, ma solo perché oggi non c’è nessuna corrente”.
(Giorgio Gaber, in Guido Harari, “Quando parla Gaber”, 2011)
ATTUALIZZANDO… UN BEL LIBRO SU FEDERICO II
Ieri vi ho scritto che oggi, insieme con alcuni illustri personaggi, sono stato invitato a presentare un bel libro di Silvana Fanzellu, “Federico II, specchio del mondo”. Silvana è una gentile e competente studiosa di storia, in particolare del Medio Evo. Mi ha concesso la sua amicizia benché i miei difetti siano esattamente l’opposto delle sue qualità. Non sono gentile e neanche educato, non sono uno studioso, per carattere vado quasi sempre controcorrente. Silvana è nobilmente romantica: si è innamorata della figura di Federico perché è nato a Jesi come lei e quando da bambina giocava in piazza tutti le parlavano di lui. Una velina si sarebbe sciolta, per amore o interesse, per un altro figlio famoso di Jesi, il calciatore e allenatore Roberto Mancini. Lei, per fortuna di noi tutti, no. Ha dedicato gran parte della sua vita agli studi di storia. Ed è anche coraggiosa, la signora Fanzellu. Pur conoscendo la mia vocazione all’impertinenza, mi ha voluto temerariamente tra i presentatori. Ed ecco qui la mia provocatoria lettura del re dei Normanni, un personaggio modernissimo, considerato in tre aspetti fondamentali – per tutti – della vita: il rapporto con la morte; con l’amore e con il sesso; e con la guerra, per il coraggio e le contraddizioni.
FEDERICO II E LA MORTE, SAREBBE PIACIUTO A TOTÒ…
Ci sono inquietanti coincidenze, nella straordinaria esistenza dell’imperatore. A due anni, orfano di padre; a quattro, gli muore anche la mamma. Poi si sposa tre volte e tre volte, tre, le mogli muoiono e lui per tre volte resta vedovo. Ci prova una quarta volta, in articulo mortis, ma sceglie una Lanza e posso dirvi che le donne dei Lanza sono femmine toste, tostissime. Quindi muore lui e la vedova resta lei, la Lanza. Non mi sembra azzardato dire che Federico poteva entrare nel repertorio di Totò, con bombetta e occhiali scuri. O no?
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FEDERICO II, AMORI SESSO E MATRIMONI…
La modernità di Federico si ravvisa anche nella sua intensa vita amorosa e coniugale. Intensissima e anche stravagante, anche se niente è paragonabile all’estrema attualità di oggi, diciamo a un Fabrizio Corona o a un Lapo Elkann. Però fa la sua parte. A quattro anni, l’orfanello era stato affidato alla tutela del papa Innocenzo III, per la modica somma di 30mila talenti d’oro l’anno. Il pontefice lo vedeva al massimo una volta l’anno, aveva ben altri pensieri. Quando Federico è adolescente, gli ordina di sposare Costanza, vedova del re di Ungheria, una bella donna di ventisei anni, che aveva già cantato molte delle sue canzoni. Mi seguite? A quattordici anni, quando i ragazzi di tutto il mondo si chiudono in bagno per farsi una pippetta, ‘sto povero re imberbe deve sposarsi, per volontà del Papa e strategie di interessi. Fatto sta che, quando ha venticinque anni e decide di sposare Jolanda, la prima notte di nozze non entra nel letto della verginella, ma va a spassarsela con una sua dama di compagnia. E quando la tenera Jolandina muore di parto, Federico sposa una gnocca inglese, bellissima ma per sfortuna sua nient’affatto superstiziosa. E muore anche lei.
FEDERICO II E LE CROCIATE. ARMIAMOCI E PARTITE…
Anche qui la sua italianità è inconfondibile. Molte parole e molti passi indietro. Odio le guerre e mi schiero dalla parte di Federico, sia ben chiaro. Ma la vicenda merita di essere raccontata. Dunque il nostro imperatore visita la tomba di Carlo Magno, vuole che sia aperta e proclama la sua devozione, con una spericolata promessa che farebbe invidia a Matteo Renzi. Lui e tutti i suoi faranno una crociata, in prima fila.
All’epoca le crociate erano una cosa molto seria, per questioni di potere, per religione, per arricchirsi… Molti partecipavano nella speranza di arraffare qualcosa. Ma Federico era ricco e potente: oggi Luigi Proietti gli direbbe “ma lassa sta’, nun ce pensá, chi tu fa fá…”. E lo convincerebbe subito. Due Papi, Innocenzo III e poi Onorio, sono indulgenti, pacati. Poi arriva Gregorio IX, che invece si incazza e gli ordina di partire senza indugi.
Federico II reagisce come Alberto Sordi nella parte del marchese del Grillo, arriva a Brindisi e lì i casi sono due: o si fa contagiare dal colera che imperversa, o lo usa come pretesto e torna a casa. Papà Gregorio crede alla seconda che ho detto, si arrabbia e lo scomunica.
CONCLUSIONE….
Mi fermo qui. Pensate: per me il concetto di scomunica è incomprensibile. E Federico II viene scomunicato non una sola volta, ma tre. Tre volte scomunicato! Il suo carattere mi delizia: incassa e va avanti, ad esempio si autoincorona, non potendo ricevere la corona dalle mani del Papa… Di più: non amava la guerra ed era ostile alla Germania. Un anticipatore anche in questo. Ora, io non mi permetto di spingermi fino alle impudenze di Silvio Berlusconi sul posteriore di Angela Merkel, ma sono affettivamente attento al posteriore mio e di noi italiani, perciò abbraccio idealmente Federico II e spero che né lui, né Silvana né gli storici si siano dispiaciuti più di tanto, per il mio modo di raccontarlo.
“È una grande miseria non aver abbastanza arguzia per parlare bene, né sufficiente giudizio per tacere. Ecco l’origine di ogni impertinenza” (Jean de La Bruyère, “I caratteri”, 1688).
cesare@lamescolanza.com
01.12.2016