OGGI VI DICO CHE… VIA SOLFERINO, 28

“Per pagare i debiti di amministratori che hanno amministrato la tradizione con la disinvoltura di chi fabbrica mortadella, (i giornalisti del Corriere) lasciano il palazzo costruito nel 1904 dall’architetto Luca Beltrami impegnato dai Crespi a riprodurre la dignità del Times di Londra, vocazione rispettata fino a qualche mese fa. Nel bene e nel male via Solferino 28 è l’indirizzo che ha accompagnato la storia d’Italia.” (Maurizio Chierici, Il Fatto Quotidiano,8 novembre 2013). 

ATTUALIZZANDO… LA BATTAGLIA DEL CORRIERE, DE BORTOLI, IL CDR…

Ne ho parlato ieri, ci ritorno oggi. Ho aderito con passione alla battaglia che stanno conducendo i giornalisti del Corriere della Sera per non lasciare lo storico palazzetto di via Solferino, sede da sempre del più grande quotidiano italiano. Ho letto con gusto stamattina, sul Fatto, la bella e amara rievocazione che Maurizio Chierici ha dedicato alla storia del Corrierone: qui sopra ne ho riprodotto un passaggio. In tutta modestia, ho qualcosa da aggiungere. Vorrei dare un consiglio affettuoso a Giuseppe Sarcina e agli altrui due membri del comitato di redazione: allargate la vostra battaglia a un manipolo (che può diventare un esercito) di personaggi che abbiano sensibilità culturale e politica. E stanate, con domande precise, quelli che – come si dice – non ci sentono. A cominciare, faccio un nome, dal sindaco Pisapia – che, come avete scritto nel vostro comunicato, d’improvviso si è disinteressato di questa brutta vicenda. Per difendere il palazzetto assediato, costruitevi intorno una guarnigione di amici e di pensatori illuminati. Partendo dai vostri illustri opinionisti e cercando solidarietà dovunque, anche all’estero, attraverso le firme dei collaboratori e dei corrispondenti. Interpellate gli editori e i colleghi del Washington Post, che non ha mai voluto abbandonare la sua sede storica, a mille metri dalla Casa Bianca, come racconta Chierici nel suo bel pezzo di oggi. Organizzate un film, un reportage televisivo… Il caso di Via Solferino è una metafora della decadenza italiana: consentiamo di distruggere ciò che ha valore, non sappiamo valorizzare quanto abbiamo di bello. E, soprattutto, della decadenza la vostra battaglia ha un significato emblematico perché i giornalisti non hanno alcuna responsabilità di questo disastro annunciato. Si tratta di tappare un buco finanziario provocato da avventurose strategie editoriali, estranee alle
sorti e al bilancio del Corrierone. Infine, chiedete esplicitamente di avere al vostro fianco il direttore Ferruccio de Bortoli. Lo conosco bene. E’ un genio assoluto, al di là del giornalismo. Se non fosse diventato direttore di giornali, uno dei più longevi alla guida del Corriere, poteva ambire nella vita a qualsiasi traguardo: governo, Vaticano, Bankitalia… Un dirigente nato: questo gli pronosticai qualche mese dopo averlo assunto al Corriere d’Informazione, a metà degli anni settanta. In poche settimane era diventato il cocco della direzione e il rappresentante del sindacato interno. Noi andavamo in giro con i jeans stracciati, lui arrivava in redazione in blazer blu (a vent’anni). Amici, tra tanti che ne ho conosciuti, fuori dal giornalismo, Ferruccio ha una bussola incorporata che gli consente di capire al volo come gira il potere degli altri e come può difendere il suo. Qualche mese fa, ricevendomi nell’augusta stanza direttoriale, mi disse che si sarebbe opposto con tutte le forze al trasferimento. “Finchè sarò direttore, da qui non mi muovo”, mi disse con orgoglio seduttivo. Verificate, cari amici, che la sua posizione non sia cambiata (sinceramente, non ci scommetterei: dipende dalla bussola…). Se non è cambiata, mettetevi al fianco De Bortoli e mezza partita è vinta.

FRUSTRAZIONE E AMMIRAZIONE VERSO GIULIANO FERRARA

In molte occasioni, anche nel mio ultimo libro (“Quei magnifici spot”, dedicato alla pubblicità), mi sono ingegnato a sintetizzare l’incredibile storia di Guido Barilla, obbligato a correggere una sua legittima (ancorché non condivisibile) opinione a proposito delle sue strategie di marketing per il successo industriale della sua pasta, da una parte, e la valenza di un eventuale testimonial gay, dall’altra negli spot promozionali. Ho scritto, discettato e opinato con varie riflessioni. Ed ecco che l’Elefantino, rispondendo a un lettore, scrive: “Langone solo pasta fresca, scialatielli, e Marcenaro solo Culino Bianco. Possiamo riderne finché ci pare, ma senza bisogno di essere troppo rigorosi o severi, bisogna riconoscere che l’effetto di intimidazione del caso della rieducazione forzata di Guido Barilla, ricorda i fasti ideologici e violenti della Rivoluzione culturale.” Prosit! In poche righe, Giuliano Ferrara è riuscito a liquidare la pratica, di cui ancor oggi io non riesco a venire a capo. Come negare un mix di frustrazione, nella mia anima delicata e sensibile, di fronte alla qualità di Giuliano e, allo stesso tempo, l’ennesimo impulso di ammirazione?

RAI, L’UFFICIO OMAGGI MEGLIO DEI REGALI RICEVUTI

La Repubblica riaccende, con lo slogan “Regalopoli”, il caso dei troppi e troppo costosi omaggi, inviati a persone famose e sconosciute. Bene hanno fatto i vertici della RAI a chiudere l’ufficio incaricato di queste regalie. In tempi di austerità, un’azienda pubblica e famosa come la RAI non può e non deve permettersi questo genere di sprechi. Ma vorrei fare un paio di riflessioni. Premetto che dalla RAI non ho mai ricevuto alcun regalo, salvo, e non ogni anno, qualche agenda e, al tempo di Fanfani e di Bernabei, un libro del Senatore Amintore, inviatomi dall’indimenticabile Giampaolo Cresci. La prima riflessione è: nei lustri, qualsiasi azienda privata e pubblica usa fare regali modesti o sontuosi in occasione del Natale e del Capodanno. Non mi sembra un’abitudine scandalosa, considerando che si tratta in fondo di pubbliche relazioni (escludendo le esagerazioni e le iniziative corruttive). Da qualche tempo le aziende inviano un cartoncino dicendo che i regali di Natale sono stati aboliti e la somma ricavata dal budget destinata a beneficenza (secondo malelingue, non sempre è chiaro chi siano i destinatari di questi intenti benefici). Detto ciò su “Regalopoli” mi sembra più grave un altro peccatuccio su cui spesso i magistrati indagano, non solo a Natale: perché è sempre Natale quando i dirigenti delle aziende ricevono regali costosissimi, come corrispettivo per aver chiuso un occhio sull’affidamento di lavori e commesse. Succede, vox populi, dovunque. Per quanto riguarda la RAI, mi farebbe piacere che il CdA e i vertici promuovessero accertamenti precisi sulle tante chiacchiere, non disgiunte da denunce pubbliche, su tante vicende legate all’affidamento di programmi e sulla trasparenza degli appalti. Ho avuto la fortuna di conoscere la Presidente Anna Maria Tarantola, e mi dichiaro conquistato dall’enunciazione dei suoi valori; tra poco incontrerò il direttore generale Luigi Gubitosi e sono certo che gli pruderanno le mani, se e quando leggerà questa nota. Fare qualche regalino natalizio è una cosa quasi innocente, rispetto a episodi di vera e propria corruzione, con tangenti mascherate.

BABY SQUILLO, BRIVIDI NELLA SCHIENA

In conseguenza delle intercettazioni, si è aggravata la posizione della mamma della più
piccola delle due adolescenti coinvolte nel giro di prostituzione ai Parioli. La mamma: “Non te movi oggi?” La figlia: “No ma’, sto male…” La mamma: “E come facciamo? Perché io sto a corto, dobbiamo recupera’ ”. La figlia: “E mo’ vedo che posso fa’, domani dopo scuola si vede, dai…” La mamma: “Se vuoi ti ritiro da scuola…” Dico sinceramente: vengono i brividi. Di solito si discute di come sia possibile che i genitori non si rendano conto di ciò che fanno i figli. Qui, c’è addirittura un caso in cui una mamma spinge la figlia a prostituirsi, perché la famiglia è a corto di soldi. 

ANDRETE IN TANZANIA PER VEDERE GLI ELEFANTI

Ho capito stamattina perché ieri mi sono addormentato tardi e male, sentivo che mi mancava qualcosa. Questa mattina la lacuna è stata colmata: ho saputo che “Emilio Botin adora gli elefanti e spesso parte per la Tanzania a vederli nella savana”. Indovina indovinello: chi ha scritto questa sciocchezza? Vi do un aiutino: è il titolare dell’imperdibile rubrica “Alta Società”, su Il Foglio. Noi della bassa società, stiamo già a pensare se a Natale potremo permetterci una pensione modesta in Trentino – costa meno che altrove – o regalare qualcosa ai nipotini, senza veder l’ombra della delusione nei loro occhioni innocenti. Ci resta una curiosità, per questa notte: quante volte il Senor Botin, banchiere spagnolo, va in Tanzania ogni anno, per vedere gli elefanti, senza accontentarsi dello zoo comunale? Botin! Sappiamo che sei il 1075° miliardario secondo Forbes (2012) nel mondo, non ti stuzzica l’idea che con qualche risparmiuccio potresti scalare alcune posizioni in classifica? Facci dormire sereni, Botin!

08-11-2013

cesare@lamescolanza.com