OGGI VI DICO CHE… ITALIA MIA, COME VIVERTI?

“L’Italia è una mantenuta costosa e scostumata. Ma è la sola che riesce a scaldare il nostro letto e a farci sentire uomini, anche se cornuti.” (Indro Montanelli). “Se volete un motto che vi ispiri e vi rafforzi,  ricordate: vivi come se tu dovessi morire subito, pensa come se tu non dovessi morire mai.” (Giorgio Almirante)

ATTUALIZZANDO… IL REALISMO DI MONTANELLI, LA GHETTIZZAZIONE DI ALMIRANTE

indro montanelli

Le battute di Indro sono imperdibili, ma paradossali: oggi non mi ci soffermo, è divertente, dura nel tempo, oggi come ieri. Penso invece all’errore politico, originato dal pregiudizio, che fu commesso dagli italiani in un lungo dopoguerra: la ghettizzazione di Almirante, tenuto fuori dal cosiddetto “arco costituzionale”. Ma come? Fino al giorno prima la maggioranza degli italiani era fascista e/o si dichiarava fascista, poi tutti diventarono antifascisti, tranne una minoranza guidata da Almirante, e si teneva fuori dalla vita politica questa minoranza che manteneva con dignità il diritto di non cambiare idea. Una sciocchezza, un pregiudizio privo di buon senso, ma soprattutto un errore: all’origine di fiumi di retorica insulsa, di feroci e altrettanto insulsi battaglie, di bugie strumentali, di contrapposizioni che sarebbe stato preferibile superare con il confronto.

PREAMBOLO (SCHEMATICO) PER IL MOVIMENTO CONTRO RASSEGNAZIONE E PREGIUDIZI

scimiette

Sto lavorando a questo temerario progetto, che si svilupperà – se si svilupperà sul web e sui social network. Molti mi chiedono chiarimenti e approfondimenti, molti aderiscono al buio. Ringrazio per la stima, ma vorrei che il lavoro prendesse forma, anche e soprattutto inizialmente, attraverso la partecipazione dal basso. Non voglio occupare questo mio diario con un solo argomento, comunque ecco un primo schema, in cinque punti, su cui lavorare e discutere. 1. I valori fondamentali sono la libertà e il merito. 2. La libertà è oppressa, troppi italiani non riescono ad esprimere ciò che pensano e i cambiamenti che desiderano: il potere è nelle mani, in gran misura, di omuncoli che si infischiano dei diritti degli oppressi e occupano, senza alcun merito, posizioni di governo, di prestigio e di responsabilità, concentrandosi sui propri interessi particolari, senza attenzione né rispetto per chi abbia merito e vera qualità. 3. Metà degli italiani è disgustata da questa situazione, sempre più intollerabile: non va a votare, indulge alla rassegnazioni o a sporadiche, e pericolose, manifestazioni di protesta, anche violenta. 4. Il primo intento del nostro movimento è quello di dare voce a questi milioni di esclusi: spingerli a ribellarsi alla rassegnazione, spingerli a ribellarsi al malaffare, al malgoverno, ai soprusi di chi usi il potere per scopi ignobili, ma senza violenza, non solo e semplicemente “contro”, ma con proposte concrete e realizzabili. 5. Il primo, retorico e falso, pregiudizio è quello contenuto nel primo articolo della nostra Costituzione, e cioè che l’Italia sarebbe una Repubblica fondata sul lavoro. E’ retorico perché vuole compiacere i cittadini con una falsità: è falso perché nessuno (molti lo promettono, a fini elettorali) può assicurare il lavoro, che dipende da circostanze economiche, italiane e mondiali, spesso né prevedibili né gestibili. Il primo articolo della Costituzione dovrebbe sostenere che la Repubblica è fondato sul rispetto della persona. E questo sì che è un valore realizzabile, e se ci riflettete nel valore del rispetto è compreso tutto: non solo il rispetto delle esigenze del lavoro, ma della libertà, del merito, dell’uguaglianza, della giustizia, della salute, delle opinioni, dell’ambiente, della razza, della religione, degli esclusi e degli emarginati, della disperazione dei profughi e comunque di coloro che vogliono fuggire da una condizione sociale miserabile, iniqua… Tutto! E non è buonismo! Tutto si potrebbe conquistare, se si riuscisse ad agire senza rassegnazione e senza pregiudizi.

NON TIRATE LA GIACCA AL PRESIDENTE MATTARELLA!

Sergio Mattarella

Perduta la battaglia in Parlamento, di fronte al successo di Renzi, esplodono troppe voci a chiedere che il Presidente della Repubblica, non firmi, com’è sua prerogativa, il decreto su cui il premier ha visto approvare (con una prova di forza probabilmente superflua) la “sua” legge elettorale. Si chiede, anche vivamente e aspramente, che Mattarella si rifiuti di legittimare questa legge, considerata anticostituzionale. Mi spiace dirlo, ma è un errore. Mi spiace perché tra le voci polemiche ci sono, ad esempio, quelle di due giornalisti, che stimo particolarmente: Vittorio Feltri e Marco Travaglio. A mio (rispettoso) parere è un errore spingersi a tentare di influenzare il Presidente della Repubblica, che riveste un ruolo importante perché è, o comunque dovrebbe essere, super partes. Discutere prima e, peggio, far caciara prima che il decreto arrivi sul suo tavolo, è scorretto. Aspettiamo le sue decisioni e, solo dopo, possiamo, anzi dobbiamo manifestare le nostre opinioni.

AMARCORD / PACIFICAZIONE? UN’INTERVISTA DI CASINI DI QUATTRO ANNI FA

Pierferdinando Casini

Auspico, se non una difficile e complessa pacificazione, almeno un confronto credibile e motivato tra i partiti e l’opinione pubblica, tra chi governa e chi è governato, tra chi ha potere e chi è emarginato. Casualmente mi è capitata tra le mani un’intervista di Pier Ferdinando Casini al “Corriere della Sera” di lunedì 10 gennaio 2011. Nel titolo dice: “Offro un patto di pacificazione. Sosterremo le iniziative serie.” Eccellenti gli intenti. Purtroppo, riletta quattro anni dopo, l’intervista cede alla solita debolezza, di rivolgersi agli addetti ai lavori, in politichese, senza curarsi della necessità di conquistare l’attenzione (lo ripeterò fino a esaurimento) dei milioni di italiani disgustati dalla politica e dal politichese. Modesta riflessione. Casini ha tentato, da ottimo politico, di inserirsi nella battaglia per il Quirinale, e l’ha perduta. Penso che, se avesse insistito sul progetto di pacificazione attraverso iniziative serie, pensando alla periferia dei rejetti e non solo, lui come tanti, alla prepotente centralità della politica oggi al potere senza consenso, beh, per il Quirinale, avrebbe avuto qualche chance (popolare) in più.

CORRIERE DELLA SERA / DATE RETTA A URBANO CAIRO…

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Suggerisco (presuntuosamente?) al nuovo cda di RCS di dare attenzione a ciò che sostiene (in un’intervista a Italia Oggi) il socio di minoranza, Urbano Cairo – che detiene una quota di poco inferiore al 5%. Il motivo è semplice: stabilire, finalmente, una distinzione tra due indigeste parole: licenziamenti, tagli. I licenziamenti dovrebbero essere evitati, con una strenua lotta fondata sulla positività e il rispetto – rieccolo! – dei lavoratori: ottimizzazione dei bilanci, iniziative nuove e utilizzazione delle risorse umane, tutela dei lavoratori (è il caso del Corriere della Sera e di RCS) che non hanno alcuna colpa dei micidiali errori commessi da manager ed azionisti, con avventate e anche poco trasparenti operazioni. La parole “tagli” invece non è spregevole, purché i tagli siano fatti nell’intento di evitare sprechi e, come detto, prima dolorosi licenziamenti. Ebbene: per RCS e per il Corriere si apre una stagione nuova. Cairo non è uno che predica bene e razzola male: non ha mai licenziato nessuno, per riuscirvi ha tagliato, anche con severità e durezza, costi superflui e sprechi di routine. Ed è uno che non le manda a dire: leggete se volete la sua intervista, integrale, su www.lamescolanza.com e dategli retta, al di là dei giochi di potere, di gelosie tra maggioranza e minoranza. C’è un bene comune da salvaguardare, il futuro del maggior quotidiano italiano.

*** Scrivete, se volete, indirizzando a cesare@lamescolanza.com Lanza risponde a tutti, privatamente o qui, pubblicamente.

05.05.15