OGGI VI DICO CHE… GIUSTIZIA ITALIANA

“Dopo la sentenza assolutoria per Berlusconi, stuff l’Isis ha deciso, all’occorrenza, di farsi processare in Italia” (Battutaccia a tormentone, che gira su Internet e sui social network).

ATTUALIZZANDO… SAREMO MAI UN PAESE NORMALE?

Silvio Berlusconi

Ci sono, sempre, due Italie in conflitto tra di loro. Sarebbe troppo facile dire che al centro del conflitto c’è Berlusconi. Il problema è antico, da Romolo e Remo ai Guelfi e Ghibellini, dai fascisti agli antifascisti (in precedenza in gran numero, fascisti: questo però è un altro discorso), da Bartali e Coppi a qualsiasi fazione importante e no che immediatamente si forma, soprattutto al bar, su qualsiasi argomento. Adoro l’umorismo, la battutaccia succitata su Isis e l’assoluzione di Berlusconi è divertente. Ci vuole poco, al di là del sorriso, per verificare, leggendo oggi i giornali, che su Berlusconi si confermano, tali e quali, gli schieramenti di sempre. Prendi Il Foglio e leggi una veemente e appassionata filippica di Claudio Cerasa, a sostegno di Berlusconi. Prendi Il Fatto e puntualmente trovi un’arringa, documentata e persuasiva, di Marco Travaglio – contro Berlusconi. Prendi La Repubblica e leggi l’editoriale di Ezio Mauro (grazie per il rispetto che mostra per i lettori, il suo articolo inizia e finisce in prima pagina, senza il disturbo di dover sfogliare mezzo giornale per trovare il seguito) e, senza ferocia nel linguaggio, si rispetta la sentenza dei magistrati, ma si gira il dito nelle piaghe – vs. Berlusconi – per quanto riguarda gli aspetti politici e l’opportunità. Antonio Polito, sul Corriere della Sera, per fortuna sviluppa un tema più interessante: le conseguenze, nel dibattito politico, provocate in modo improprio dall’assoluzione del Cav, per quanto riguarda Ruby e i festini nella villa di Arcore. Che dire? Sarebbe augurabile che berlusconiani e antiberlusconiani evitassero di strumentalizzare, a prescindere, ciò che si può fare, dire e scrivere (per ora senza testamento) a favore o a danno di Silvio. Tutto prevedibile, tutto scontato. Mi sembra apprezzabile l’approccio del celebre avvocato Coppi, difensore di Berlusconi, che ha asciuttamente spiegato la sua linea processuale. Più o meno: “Era necessario distinguere tra aspetti morali e aspetti penalmente rilevanti. Che i festini ci siano stati, e ci sono stati, investe una sfera etica, che non può riguardare il processo. Reato non c’era e perciò Berlusconi è stato giustamente assolto. Quanto ai suoi comportamenti personali, lui se la vedrà, se vuole, in un confessionale.” Lucido, indiscutibile, meraviglioso. Quanto a libertà di mente, vi prego di leggere qui sotto. Non senza aver aggiunto che, fuochin fuochetto, nella mia vita ho sempre cercato di avvicinarmi all’esercizio della mia personale libertà di mente. Non sono un cerchiobottista, apprezzo il talento e la qualità di scrittura. Perciò, ben sapendo di farmi ostili tutti e due, mi piacciono sia Travaglio sia Cerasa, che dicono cose opposte. Apprezzo Ezio Mauro e stimo il mio ex allievo Ferruccio de Bortoli. E, scusatemi, sono ancora orgoglioso di (tentare di) riuscire a ragionare con il mio cervelletto, senza portarlo all’ammasso.

MI AIUTATE A STILARE UN CATALOGO DI PERSONAGGI LIBERI DI MENTE?

Vittorio Sgarbi

Nel catalogo non mi intrufolo, sarebbe volgare. Ma confido che qualcuno mi riconosca un piccolo diritto a esservi inserito, prima o poi. Qui lancio un appello, chiedendo la collaborazione di coloro che mi seguono. Riusciamo a mettere insieme un catalogo, qualche decina di nomi almeno, di personaggi considerabili liberi di mente, privi di schiavitù intellettuale o politica o religiosa, e di freni e complessi di ogni risma? In verità, in verità vi dico: non sarà facile. Ecco una prima bozza, secondo quanto mi viene in mente… Parlo di personaggi viventi, il più grande libero di mente, Leonardo Sciascia, se n’è andato da tanti anni (quanto sarebbe stato prezioso, oggi). Tra i viventi vi propongo: Livia Pomodoro, Massimo Cacciari, Massimo Fini, Luisa Todini, Vittorio Sgarbi. Se non è irrispettoso, inserirei anche, e in pole position, Francesco: è il Papa, ma si esprime come se non lo fosse, ha rotto schemi e convenzioni fino al punto di limitarsi con modestia a quel memorabile approccio: “Chi sono io per…?”. Su Sgarbi, forse, si potrebbe dire che sia schiavo di se stesso: vero è che parla male di chiunque, senza timidezza, ma probabilmente lo fa anche per essere fedele alla sua immagine, costante, di attaccabrighe. Anche su Fini una ragionevole riserva ci sarebbe: è troppo innamorato di se stesso!

A PROPOSITO DI FINI, NICOLA CARRARO E ALBERTO RIZZOLI

 Una vita copertina

Sto leggendo due libri interessanti, oggi mi limito a qualche considerazione preliminare. Massimo Fini ha pubblicato per Marsilio “Una vita”, in cui racconta se stesso. In copertina ci sono ben cinque immagini dell’autore, direi scelte con vanitosa cura, sulla sua lunga esistenza, da quando era pargolo ai giorni nostri. Già una volta mi feci beffe del mio amico perché aveva pubblicato un libro in cui campeggiavano due sue fotografie, una da giovane bello e tosto, l’altra pensosamente maturo. E lui da anni mi rimbecca, ricordandomi che festeggiai due volte il compleanno dei miei 50 anni, e dunque ironizzando sul fatto che, così facendo, sono destinato a diventare, anno per anno, sempre più giovane di lui. Facezie… Chi ha letto il libro, mi assicura che una spettacolare ed esibizionistica narrazione della sua vita, senza nessuna limitazione alle più intime confidenze, ivi comprese le tentazioni omosessuali. Su Nicola Carraro e Alberto Rizzoli, che in tandem raccontano la fulgida figura del loro famoso nonno, Angelo Rizzoli, le riserve preliminari sono più complesse. In primis, non mi piace che il loro libro, visto che i due cugini sono appartenenti alla famiglia dello splendido “Commenda”, sia stato affidato, per la pubblicazione, a Mondadori  la casa editrice antagonista della Rizzoli. E non solo antagonista, in  questi giorni le cronache ci dicono che Mondadori sta per papparsi la divisione libri di Rizzoli. A seguire: conosco bene Nicola e Alberto, mi sono simpatici, ho imbarazzo a scrivere di loro con un approccio critico. Ma che recensore sarei, se mi censurassi? Quindi, la mia diffidenza nasce dal fatto che i due ex rampolli non abbiano ereditato dal nonno la voglia di lottare e la capacità di affermarsi. Sono nati miliardari e di questo si sono accontentati. Con fortuna Nicola perché i Carraro, prevedendo la disastrosa gestione del socio Rizzoli, si staccarono in tempo. Con sfortuna e sofferenza Alberto, che fu coinvolto in vicende di esito giudiziario pesantissimo, di cui non aveva alcuna responsabilità e solo dopo molto dolore riuscì a essere giudicato innocente. Terza riflessione preliminare, dopo aver letto solo le prime pagine: non mi piace assolutamente il tono dolciastro utilizzato da Nicola e Alberto, che scrivono scambiandosi via via impressioni e ricordi. Eh, no! Avrebbero dovuto cominciare con un’autocritica aspra e rude: “Non siamo stati all’altezza del nostro grande nonno Angelo. Forse, se fossimo stati capaci di impegnarci tentando di assomigliargli, la dinastia della famiglia non si sarebbe dissolta, come invece è successo. Perché, con dispiacere, scrivo questo? Perché questo tipo di biografie hanno una ragione letteraria e artistica di esistere, solo a patto (come, mi sembra, abbia fatto Massimo Fini verso se stesso) che siano scritte con crudezza, ferocia verso se stessi, ancor prima che verso gli altri. Un sapore di verità vera è indispensabile: senza torte alla panna con candeline, senza risibili rievocazioni di marachelle infantili, ma affondando la penna nel sangue dei propri difetti, anziché prendersela con il destino. (Chiedo scusa, doverosamente, a Massimo, Nicola e Alberto: ho solo letto una trentina di pagine, sulle duecentocinquanta/duecento dei loro libri).

ALDO GRASSO PUNGE BRUNO VESPA E DARIA BIGNARDI

Daria Birnardi Porta a porta

Quando vuole, Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera, scova in apparenti piccolezze la debolezza umana dei personaggi televisivi, affonda il dito con delizia, propone con perfidia ritrattini edificanti. Questa mattina, ci ha proposto “il volto di scambio” (sulfurea definizione) tra Bruno Vespa e Daria Bignardi. E cos’è questo volto di scambio? Semplice. Daria invita Bruno a “Le invasioni barbariche”, per celebrare l’ultimo libro pubblicato dal conduttore di “Porta a porta”. Puntualmente, pochi giorni dopo, Bruno ricambia la cortesia e invita Daria a “Porta a porta”, per celebrare l’ultimo libro pubblicato dalla conduttrice de “Le invasioni barbariche”. Al di là del volgarissimo scambio, i lettori sono deliziati da perfidia di passaggio dell’inesorabile Aldo. Vespa è definito un gentiluomo abruzzese dai modi curiali e dal sorriso insinuante, Daria una santa laica. Vespa sottolinea che nel curriculum esemplare della Bignardi c’è stata la capacità di portare per prima in tivù Matteo Renzi (questa me la sono perduta, immagino che Bignardina abbia civettato sbattendo gli occhioni e Matteo abbia inaugurato con lei lo show dei suoi chilometrici annunci). Alla fine Grasso al fioretto sostituisce la spada e dice che il programma della Bignardi va maluccio e lei appare “ingessata, scarsamente ironica, stanca… probabile che ormai si senta scrittrice”. Ma davvero? Ieri sera ho visto spezzoni della barbarie del mercoledì, prima la Bignardi si è sbafata un piattino di tortellini preparatole in diretta da un famoso chef (dedico questa osservazione a Myrta Merlino che sbevazza il suo the senza offrirlo a nessuno: lo chef ha almeno fatto il gesto di rivolgersi al pubblico per dire che c’erano tortellini per tutti). Poi, la conduttrice, sempre meno radical chic e sempre più nazionalpopolare, si è quasi ‘mbriacata, facendo a bicchieri con un gagliardo vitellone, Francesco Scianna. Un divertente attacco ormonale, tellurico. Grasso, condivido, ma chiedo clemenza.

cesare@lamescolanza.com

 12.03.15