OGGI VI DICO CHE…ADDIO MITICA PIZZA?

“Fatte ‘na pizza c’a pummarola ‘ncoppa vedrai che il mondo poi ti sorriderà”.
(Pino Daniele)

“La vera pizza è alimento, simbolo e rito. Alimento povero e nobile. La pizza si fa non si cucina. Nasce povera. Si fa con le mani e con la sola abilità delle palme”. (Gaetano Alfetra)

“Un Oscar, il sesso, un gelato e una pizza… Se avessi questo ogni giorno per il resto della mia vita sarei felice”.
(Dustin Hoffman)

“Una volta se dicevi: Andiamo a mangiarci una pizza? Intendevi esprimere questo concetto: Andiamo a mangiarci una cosa semplice, veloce e poco costosa. Adesso è l’esatto contrario. Ti sbatti per ore, paghi una mazzata e devi romperti la testa a scegliere come minimo in un elenco di 50 pizze”.
(Luciana Littizzetto)

ATTUALIZZANDO… UNA INESORABILE DECADENZA

Purtroppo – ma già lo sapevo – è quanto ho verificato durante i viaggi estivi. Neanche più sapremo come sia fatta una vera e buona pizza napoletana. Scommetto che non la gusteremo più. Da lustri ormai la tradizione si è polverizzata.
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C’ERA UNA VOLTA…

Una volta si tramandava di pizzaiolo in pizzaiolo, addirittura di padre in figlio il rispetto alla lettera della ricetta storica. Quanti giovani sanno che in origine le vere pizze, le pizze che furono inventate dal genio dei napoletani, erano solo due, la marinara e la margherita? Oggi, sul menù in trattoria, le proposte sono decine: non solo (direi, accettabili) la romana, la quattro stagioni, la quattro formaggi, la diavola…no, siamo arrivati alla pizza al mango, ai frutti esotici, alla nutella!
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DAVANTI AL FORNO

Davanti al forno sono arruolati (con tutto il rispetto) volenterosi tunisini, egiziani, senegalesi, altri nordafricani. Intanto, a poco a poco, la popolarità della pizza si é affermata nel mondo. Com’era inevitabile, gli esercenti si sono adeguati alle esigenze locali e alle suggestioni del richiamo italico. Così, in Giappone si trova la pizza Nagasaki (terribile evocazione), ma anche la pizza Colosseo.
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AMARA SORPRESA A KITZBUHEL

A Kitzbuhel in Austria, in una pizzeria italiana, ho trovato la pizza “Amore mio”: peperoni, salame piccante e, chissà perché, abbondante mais! Anziché scandalizzarmi, l’ho assaggiata, e il disgusto ancor mi offende. I figli e i nostri nipoti non potranno mai apprezzare quanto fosse facile (sapendo farlo) godersi una buona pizza incentrata sui semplici, fondamentali ingredienti…
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ACQUA, FARINA, LIEVITO DI BIRRA, SALE…

acqua, farina, lievito di birra, sale e, se si vuole, aglio, mozzarella e pomodoro. Certo, ci vuole un bel forno, da attizzare a 480 gradi. Dopodiché basta un minuto e mezzo di cottura. E oggi ve la cavate, in casa e ahimè spesso anche in trattoria, con un qualunque fornello elettrico!? Mi direte: con tutto ciò che succede, è il caso di parlare delle rovine della pizza? Rispondo: sì. Perché è un segno della decadenza dei tempi (e forse – non lo escludo – anche della mia, nel riferirvene).

 

cesare@lamescolanza.com

06/09/2017