OGGI VI DICO CHE… UNICUIQUE SUUM

“La locuzione latina unicuique suum è la rielaborazione del suum cuique tribuere (in italiano: dare a ciascuno il suo), uno fra i principali precetti del diritto romano. È riscontrabile in Ulpiano, in un frammento della sua opera conservatoci attraverso i Digesta giustinianei. Tale concetto viene adottato inoltre dallo Stato platonico.
In italiano è tradotto come “a ciascuno il suo”, ossia che a ciascuno sia dato quanto gli è dovuto.
-Questa locuzione è uno dei due motti che aprono la prima pagina del L’Osservatore Romano. L’altro è non praevalebunt.
-Un romanzo di Leonardo Sciascia prende il titolo A ciascuno il suo.
-Nel cinema A ciascuno il suo è il titolo di un film di Elio Petri, liberamente ispirato all’omonimo piccolo romanzo di Leonardo Sciascia.
-È il motto della 15ª Compagnia Paracadutisti “Diavoli Neri” dell’Esercito Italiano.
-Questa stessa locuzione, tradotta in tedesco Jedem das Seine, si trovava all’ingresso del campo di concentramento e di sterminio nazista di Buchenwald in Germania”. (Wikipedia)

ATTUALIZZANDO…A (E DA) CIASCUNO IL SUO

Bilancia - AttualizzandoPenso – da sempre – che esistano diritti e doveri. Quindi, a ciascuno ciò che gli è dovuto ma, da ciascuno, aspettiamo anche ciò che deve. In parole povere, esistono regole, leggi e anche ruoli da rispettare: sia per ciò che riguarda i diritti, sia per quanto riguarda i doveri.
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CASO NAPOLETANO / MA ADESSO DECIDE IL SINDACATO?!?

Roberto NapoletanoCome sempre quando non conosco le carte, non mi addentro nel caso del Sole 24 Ore, ma rispetto e aspetto le decisioni della magistratura. Non spetta ai giornalisti emettere sentenze. I giornalisti hanno il dovere, se possibile, di fornire indiscrezioni, notizie, contributi: oggettivamente, separando i fatti dalle opinioni (in questo caso, mi dispiace dirlo, antipatie, simpatie, accanimenti, gelosie).
Mi riferisco a un episodio che fa accapponare la pelle. Il direttore Roberto Napoletano non è gradito alla redazione, e questo è legittimo. Ma il sindacato, con il consenso della redazione, ha ordinato uno sciopero affermando che l’agitazione si sarebbe fermata solo il giorno delle dimissioni del direttore, e questo è eccessivo e inaccettabile. Da quando in qua spetta a un comitato di redazione licenziare un direttore, e, chissà in futuro, nominare un successore? È una misura inaccettabile. L’editore – ovvero la Confindustria – non avrebbe dovuto accettare questa posizione.
Per uscire dallo stallo, Roberto Napoletano ha deciso di autosospendersi, mettendosi in aspettativa per sei mesi, senza stipendio (al suo posto, ad interim, è stato designato un vecchio e giù collaudato, anche come direttore, giornalista del Sole: Guido Gentili). A Napoletano va riconosciuto il merito di aver trovato una soluzione di emergenza, generosamente, per salvare il giornale che gli era stato affidato. Però, a mio parere, si apre una fase di caos e di precaria legittimità.
Conosco Napoletano e sono garantista per lui, come per chiunque, in attesa di chiarimenti che potranno arrivare solo dalla magistratura. Professionalmente, da una parte stimo Roberto, dall’altra non mi piacciono affatto i linciaggi. Quanto alla decisione editoriale, cioè confindustriale, non ho parole: oggi il sindacato ti impone che dev’essere licenziato il direttore. O accantonato. Domani il cdr dirà quali siano le nomine, le promozioni, le sospensioni, i licenziamenti dei singoli giornalisti o interverrà su altre responsabilità, che spettano al direttore e all’editore.
Gli interventi del sindacato possono essere (a volte debbono) pesanti, ma sempre consultivi. Unicuique suum, insomma. Il sindacato ha diritti notevoli, ma anche doveri. Nella confusione italiana, questo è un episodio più grave dello sciopero dei miei amici tassisti. I tassisti come è successo a Roma, a Milano e altrove, hanno pieno diritto di scioperare, di protestare. Però hanno anche il dovere di rispettare le regole: ovvero garantire il servizio pubblico, comunicare tempestivamente l’inizio e la durata dello sciopero. Se non si rispettano le regole e i doveri, non è più sciopero, ma una ribellione simil rivoluzionaria. Non credo che sia stato questo l’intento dei tassisti, non credo che lo sia da parte dei sindacalisti del Sole. Semplicemente viviamo in un Paese di poche e confuse regole.

LO SCIOPERO AL “LAVORO” / UNA MIA MEDAGLIA…

il lavoroTanti anni fa assunsi il ruolo di direttore de “Il Lavoro” e anche, purtroppo, il ruolo della responsabilità editoriale. Molti giornalisti erano miei amici e continuarono ad esserlo, mi stimavano sinceramente, tuttavia proclamarono uno sciopero a oltranza per impedire la pubblicazione del giornale. Non mi consideravano credibile, nel doppio ruolo. “Il Lavoro” proveniva da una crisi gravissima, pre fallimentare, non c’erano altre offerte sulla piazza (Genova). Il problema era che Sandro Pertini, all’epoca Presidente della Repubblica, era stato per vent’anni il direttore del quotidiano, storicamente socialista. E mi telefonava per raccomandarmi di non licenziare nessuno, perché i tipografi erano vecchi partigiani, suoi affezionati compagni di lavoro. Insomma, da una parte c’era il Quirinale, dall’altra il sindacato dei giornalisti, aggressivo. Per fortuna i rappresentanti sindacali dei tipografi erano illuminati e consapevoli della situazione drammatica, la testata rischiava di scomparire. E perciò decisero di lavorare. Presi quindi una decisione, che ancora oggi ricordo con orgoglio. Lavorando pressoché da solo, con l’aiuto di un solo giornalista, addetto alle notizie sportive, e di un dirigente amministrativo, mi rimboccai le maniche e feci in modo di far uscire il giornale.
Una fatica massacrante, con un’insidia per i miei colleghi giornalisti: se bastavo da solo a svolgere il lavoro per confezionare il giornale, qual era il numero equo di giornalisti da confermare, in un clima normale? Dopo qualche giorno, lo sciopero cessò.
(La vita è beffarda, ricca di casualità e contraddizioni. Se mi fossi arreso a quella prepotenza sindacale, se mi fossi dimesso e fossi fuggito da quella tenaglia, la preghiera/ammonimento di Pertini e lo sciopero), avrei evitato sofferenze che durarono quattro anni e mi portarono alla rovina, personale, economica. Conclusione: Pertini rimase, come giusto, Presidente, “il Lavoro” sopravvisse tranquillamente, grazie anche ai miei sacrifici, non ci fu più un giorno di assenza dall’edicola. E io riuscii con le ossa rotte.

IL RUOLO DI MARISELA FEDERICI

marisela federici -Provo ad alleggerire la noia, presumo, di questi richiami alle regole da pretendere e da rispettare. Esistono anche ruoli, in società, piacevoli, per lo stile che ci viene proposto. Mi viene in mente Marisela Federici, una signora dell’alta società (questa bizzarra espressione spetterebbe a Carlo Rossella, amico di tutti e due): è una donna che conosce il gusto della grazia e della bellezza, dei buoni comportamenti, e libera di mente. Ho coniato per lei una definizione che le piace, che si può attribuire solo a poche persone. Tra le sue qualità, c’è anche quella di saper dire e fare cose considerate abitualmente scandalose, ma senza suscitare scandalo, chiasso, pettegolezzi. Ve la propongo qui, in un suo recente viaggio a Madrid, invitata dall’ ambasciatore italiano (con lei nella foto) Stefano Sannino. Marisela è onnipresente, mai una parola di troppo, mai una di meno. Non l’ho ma sentita parlare con cattiveria di qualcuno, al massimo si può tentare di capire ciò che pensa da un suo lieve battito di ciglia, o dalla sfumatura di un sorriso.

TRE REGOLE DAL PORTALE BROCARDI

brocardiPer ultimo, dato l’amore per il latino che condivido con molti di voi, vi regalo un’aurea citazione, da Brocardi: “Le tre regole d’oro del diritto romano erano “honeste vivere”, “alterum non ledere” e la formuletta in esame, “Unicuique suum tribuere”. Quest’ultima è attribuita ad Ulpiano, ma è più probabile che le sue origini siano più remote (a livello concettuale, l’idea era già presente nelle opere di Platone e Aristotele).”
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15.03.2017