OGGI VI DICO CHE… COS’È IL COCCODRILLO

“Una pratica giornalistica in apparenza cinica è la confezione di biografie da tenere in archivio, per pubblicarle in caso di morte dei biografati, che nel gergo redazionale si chiamano coccodrilli. Il giornalista incaricato di scrivere una biografia deve avere l’accortezza di non esaurire il proprio pezzo in un arido elenco di date e di avvenimenti, ma farà ricorso a citazioni, dichiarazioni, giudizi di terzi, cosicché la biografia permetta di conoscere, seppure sinteticamente, gli umori, la cultura, le convinzioni ideologiche, il modo di fare del personaggio in questione. Senza eccedere dell’aneddotica, perché anche la biografia deve rispondere alla legge della notizia: dietro il montaggio di date, avvenimenti, citazioni, testimonianze si coglie un’identità. Ecco chi è, ecco chi era, questo personaggio. Ecco il ruolo che ha interpretato o interpreta.” (Alberto Papuzzi, Professione giornalista: le tecniche, i media, le regole)

ATTUALIZZANDO… PER OTTONE E BONCOMPAGNI RETORICA E VELENO

OTTONE - BONCOMPAGNINon sparirà facilmente la (brutta, pessima) abitudine di dedicare ritratti commemorativi – sgocciolanti di retorica e a volte intrisi nel veleno – ai grandi personaggi che muoiono. Nei giorni di Pasqua se ne sono andati Piero Ottone, un re del giornalismo, e Gianni Boncompagni, un astro della televisione, e ho comprato un paio di decine di giornali, per leggere tutto, avidamente. E le mie (infondate) speranze di trovare rievocazioni lucide e oggettive ancora una volta sono state deluse: per lo più un’orgia di retorica, un tripudio di buonismo, omissioni, esagerazioni, falsificazioni; e qualche spruzzata di arsenico e maldicenze, che non mancano mai.

SONO SOLO COCCODRILLI…

sono solo coccodrilliMa perché? Nel gergo del nostro mestiere questi articoli si chiamano “coccodrilli”. Il termine dice tutto. Lacrime scritte in anticipo, pronte all’uso, articoli quasi sempre trionfalistici, ma non è escluso qualche colpo basso. Senza emozione, senza credibile dolore; e anche il veleno è privo di vero odio. Non potrebbe essere diversamente. Il presunto morente è ancora vivo, i giornali non vogliono farsi trovare impreparati, quando il decesso, annunciato o no, avverrà.
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NEI CASSETTI DEI CAPIREDATTORI

nei cassetti del caporedattoreSe non sei nessuno, non avrai nessun coccodrillo. Invece papi morenti, scrittori famosi in età avanzata, monarchi, scienziati, rivoluzionari, dittatori e politici illustri, le stelle di Hollywood, pittori, musicisti, e via dicendo, non sfuggono alla regola. In “pezzi” celebrativi giacciono qualche giorno e a volte qualche anno nei cassetti dei capiredattori, pronti per la pubblicazione.
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IMMUTABILE RITO FUNEBRE

rito funebreQuesto rito funebre, nei giornali, è immutabile. Con tutti i vizietti tipici della stampa convenzionale. Il commemoratore ama mettersi in prima fila, quanto meno alla pari col commemorato: racconta aneddoti personali, non più smentibili dai defunti; inventa ricostruzioni manipolate, di storia o di cronaca o di semplice portineria, per la propria vanità. Il cordoglio è insincero o esagerato. Oppure il commemoratore, visibilmente esultante, si toglie – pregustando il momento dell’addio – qualche sassolino dalle scarpe, di cui non aveva mai osato liberarsi quando l’illustre e futuro scomparso, temibile, era in vita.

PENTIMENTI E DERISIONI

pentimentiMi fanno sorridere i pentimenti di quei commemoratori, che erano critici in vita e all’improvviso diventano mielosi, davanti alla prospettiva della morte. Anticipazione calcolata di un’ammirevole (quando sarà) cristiana pietà? Ma soprattutto mi disgustano quelli che si genuflettevano davanti al defunto quand’era vivente, e invece l’estremo saluto, per di più scritto in anticipo, gronda di livore.
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NESSUN NOME, ANZI UNO SOLO

ANTONIO_FERRARINon faccio nomi, sto già molto antipatico a tanti colleghi. Non voglio aggiungere l’elenco di quelli (quasi tutti) che si sono occupati di Piero Ottone e Gianni Boncompagni. Però un nome, uno solo, non posso non citarlo, sia per la sfacciataggine sia perché appartiene a una categoria diversa: è Antonio Ferrari, del Corriere della Sera. Di celebrazioni ne ha scritto due, una per il sito, una per il grande giornale in cui milita, senza meriti particolari, per una inspiegabile scelta di Ottone.
Lo conoscevo e valorizzavo quando era un giovanotto del “Secolo XIX“: era compito, disciplinato. Poi – succede – l’insuccesso dà alla testa. Nel pezzo per il sito web, ricordando che Ottone aveva licenziato Montanelli, si è spinto a scrivere, letteralmente, che Indro “sputò” nel piatto in cui mangiava.

UNA MOSTRUOSITÀ VERSO MONTANELLI

INDRO MONTANELLIUna mostruosità che per fortuna non appare nella successiva celebrazione sul Corriere stampato: penso che sarà stato un provvidenziale taglio di un saggio caporedattore, piuttosto che un tardivo pentimento del temerario dissacratore. Vorrei dire due cosette a Ferrari. La prima: Montanelli ha illuminato il Corriere per lustri. Non ha affatto sputato: il suo licenziamento fu provocato dal forte dissenso che espresse verso Ottone, in un’intervista che mi diede per il “Mondo”. Un dissenso che poteva essere gestito. Perfino Piero e Giulia Maria Crespi hanno ammesso successivamente che fu un errore.
Seconda cosetta. Quella volgarità Ferrari poteva evitarsela, con una minima riflessione autocritica, che lo avrebbe portato al rispetto verso Indro. Montanelli ha scritto migliaia di articoli: tutti ne ricordano molti, gli altri sono comunque tuttora godibili. Ferrari ha pubblicato centinaia di interviste e perfino commenti. C’è qualcuno che li ricordi? A me non ne torna in mente neanche uno.

CONCLUSIONE, UN RICORDO DELL’ARETINO

Pietro AretinoMi permetto di ricordare a chi scrive coccodrilli: un po’ di coerenza, quanto meno. Nel bene e nel male. Lodato sia Pietro Aretino, “che d’ognun disse mal fuor che di Cristo, scusandosi col dir: non lo conosco.”

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19/04/2017