OGGI VI DICO CHE…COS’È IL MERITO

“Una società sana premia il merito, punisce i mascalzoni e investe nell’istruzione” (Milena Gabanelli).
“Il bordello è l’unica istituzione italiana dove la competenza è premiata e il merito riconosciuto”(Indro Montanelli).
“Il mondo ricompenserà più spesso le apparenze del merito, che non il merito vero” (Patrick J. O’Rourke).
“I mediocri del Politically Correct negano sempre il merito. Sostituiscono sempre la qualità con la quantità” (Oriana Fallaci).

ATTUALIZZANDO… MERITO E TIMIDEZZA

merito-timidezzaIl merito spesso è nascosto dalla timidezza. Ha detto Arthur Schopenhauer: “Date l’impudenza e la stupida arroganza della maggior parte degli uomini, chiunque possiede dei meriti farà bene a metterli in mostra se non vorrà lasciare che cadano in un completo oblio”.

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IL MERITO / 1. EDUARDO DE FILIPPO

eduardo-de-filippoGirando su Fb grazie a un prezioso intervento del signor Aldo La Vecchia, mi è tornata in mente questa stupenda poesia di Eduardo De Filippo. Forse il contenuto non è immediatamente congruo con il riferimento sul merito. Ma succede anche che, nei sentimenti, esista la capacità di provare qualcosa di profondo e non riuscire, purtroppo, ad esprimerlo.
“Si t’ ‘o sapesse dicere
Ah… si putesse dicere
chello c’ ‘o core dice;
quanto sarria felice
si t’ ‘o sapesse dì!
E si putisse sèntere
chello c’ ‘o core sente,
dicisse: “Eternamente
voglio restà cu te!”
Ma ‘o core sape scrivere?
‘O core è analfabeta,
è comm’a nu pùeta
ca nun sape cantà.
Se mbroglia… sposta ‘e vvirgule…
nu punto ammirativo…
mette nu congiuntivo
addò nun nce ‘adda stà…
E tu c’ ‘o staje a ssèntere
te mbruoglie appriess’ a isso,
comme succede spisso…
E addio Felicità!”

IL MERITO / 2. GIGI MONCALVO E “I CARACCIOLO”

gigi-moncalvo-i-caraccioloMoncalvo è stato uno dei miei allievi di maggior qualità: intraprendente, indipendente, di mente libera, capace di scalare le montagne pur di trovare una notizia, senza soggezione psicologica verso nessuno al momento di pubblicarla. È uscito un suo imponente libro, più di 500 pagine, e il titolo dice tutto: “I Caracciolo. Storie, misteri e figli segreti di una grande dinastia italiana”. Temo che non avrà recensioni adeguate, considerando che come al solito Gigi affronta temi delicati e personaggi abitualmente intoccabili, senza la pur minima compiacenza, senza compromessi, senza opportunismi. Leggerò e recensirò, fin da oggi sicuro che si tratti di un libro coraggioso e ricco di argomenti di interesse. Se volete saperne di più, digitando www.lamescolanza.com troverete la recensione di Daniele Capezzone. Altro personaggio di mente libera.

IL MERITO / 3. GIACOMO AMADORI E I CELENTANO

amadori-e-celentanoAmadori è un altro coraggioso giornalista, simile a Moncalvo. Di più: gli voglio bene perché è un genoano per la pelle, come me. Una dozzina di anni fa, su “Panorama”, scrisse un articolo equilibrato, né compiacente né aggressivo, su Adriano Celentano e sua moglie Claudia Mori. Fu querelato. Lesa maestà? Così parve a molti e anche a me, non vidi in ciò che Amadori aveva scritto niente di insultante e diffamatorio. Cattivo? Quanto basta, come dicono del sale le cuoche di una volta per rendere saporito il cibo. Ora siamo venuti a sapere che, dopo l’estenuante iter giudiziario tipico di molti processi in Italia, la Cassazione ha stabilito il diritto di Amadori a scrivere ciò che ha scritto: assoluzione piena. Giacomo al primo processo era stato condannato, in appello assolto. Dopo dodici anni arriva questa sentenza importante per lui, ma anche per tutti i giornalisti: uno sprone per i troppi codardi, una rassicurazione per coloro che non hanno paura di addentrarsi in terreni sdruccioli, infidi o addirittura minati. Celentano è un mio idolo, Claudia Mori mi è molto simpatica; con il principe Carlo Caracciolo avevo un rapporto amichevole, lo considero un genio dell’editoria. Ma la libertà di stampa viene prima di tutto, senza se e senza ma.

IL MERITO / 4. UNA RIFLESSIVA CONCLUSIONE

massimo-finiFatto sta che i giornalisti di maggior indipendenza verso qualsiasi potere non hanno avuto i riconoscimenti che meritavano. Per dirigere un quotidiano, Indro Montanelli ha dovuto fondare “Il Giornale” e Eugenio ScalfariLa Repubblica”. Enzo Biagi fu obbligato ad andarsene dopo un anno, poco più o poco meno, dalla direzione del telegiornale della prima rete Rai. L’elenco di giornalisti famosi e di successo, ma comunque non premiati secondo le loro qualità, sarebbe lungo e amaro. Venendo a tempi più recenti, penso che Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro avrebbero meritato di dirigere testate più importanti di quelle che gli sono state concesse, avrebbero potuto firmare telegiornali di grande importanza. Così come Montanelli e Scalfari, in anni meno remoti Giuliano Ferrara e Marco Travaglio, hanno dovuto fondare il “loro” giornale, nessuno – come sarebbe stato giusto – gli ha spalancato le porte. Scrivo tutto questo perché sia Gigi Moncalvo, considerato dai bacchettoni una sorta di pericolo pubblico, sia Giacomo Amadori, sfrontato all’occorrenza e privo di paure, avrebbero meritato – al di là del successo comunque conseguito – ruoli in carriera più importanti e gratificanti. Invece provocano timori, diffidenza, indecisioni. Perché? Poche balle: perché scrivono, o si impegnano in buona fede a riuscirvi, la verità.
Al lungo elenco di giornalisti scomodi, tra i primi, inserirei Massimo Fini: ho rotto con lui, dolorosamente, un rapporto di amicizia che durava da lustri, ma ne riconosco gli straordinari meriti. Massimo comunque si è consolato con una notevole produzione di libri, nei quali riesce a scrivere ciò che per i grandi giornali, i cosiddetti giornaloni, risulterebbe inopportuno o politicamente scorretto, ovvero impubblicabile.

cesare@lamescolanza.com
03.10.2016