LE PAGELLE DEL GIORNO / CLASSIFICHE, VOTI, GIUDIZI…

Mario MontiMARIO MONTI 7+. Incredibilmente, sembrava affondato nelle antipatie dilaganti, è riuscito a dare una spallata e a recuperare nell’immagine. Tutto è dovuto ad una fotografia, che lo mostra seduto sugli scalini di un ospedale, in attesa di un intervento per la moglie, come noi umili cittadini. E il prof. era intento, addirittura, a lavorare! Al 7 aggiungo un + perché la foto sembra vera e non finta, costruita, come in altre occasioni, per altri personaggi.
MARIA ELENA BOSCHI 5. È preparata, è carina (non guasta), è vicina al premier, diciamo che mi è simpatica. Ma è insopportabile che continui ad agitarsi a destra e a manca, intervenendo su tutto e tutti, quando ad una certa stimabile opinione pubblica interesserebbe una sua sola esternazione: sulle tenebre, ancora persistenti, del fallimento della Banca Etruria. A mio sommesso parare avrebbe dovuto dimettersi. Anche nel suo interesse perché le dimissioni fanno paura subito, ma alla lunga premiano. Non c’è bisogno di ricordare Enrico De Nicola, che voleva dimettersi ogni due per tre, o il più recente gesto di Cossiga, dimissionario da ministro degli interni dopo l’assassinio di Moro.
FRANCESCO 7-. Il pontefice ha chiesto perdono agli indios, “esclusi e spogliati della vostra terra”, ha detto. A forza di chiedere scusa e perdono, Francesco mi sta facendo diventare simpatica la Chiesa. Però, condividendo, sottoscrivo la riflessione di un mio caro amico, l’imprenditore Siro Brugnoli: “Simpatico il Papa, ma si occupa soltanto di poveri e di immigrati. E gli altri lavoratori, dico a caso, gli artigiani?”.
VINCENZO BOCCIA, MARCO BONOMETTI, AURELIO REGINA, ALBERTO VACCHI 7. Sono i quattro candidati – è scaduto il termine – per Confindustria. Il voto, uguale per tutti, con gli auguri, si riferisce alle loro attività imprenditoriali e manageriali. Boccia nell’industria agraria, Bonometti nella manifatturiera, Regina presidente del Sigaro toscano, Vacchi leader della multinazionale Ima. Un salernitano, un lombardo, un romano di adozione, un emiliano. I voti non resteranno uguali, via via che si capiranno i programmi e i sostegni, interni ed anche quelli esterni (che a me non piacciono mai).
CARLO CALENDA ?. L’ex vice ministro dello Sviluppo economico, da aprile rappresenterà l’Italia presso l’Unione Europea. È molto preparato, ma il disappunto dei diplomatici di fronte alla nomina di Renzi non va sottovalutata. Vedremo. I giornali di oggi danno conto della missione che gli è stata affidata per i negoziati Cina – Europa, per l’acciaio.
LEONARDO DEL VECCHIO 8. Fa, disfa, ruggisce, dà tregua, una ne fa e cento ne pensa, per Luxottica e l’universo mondo (si dice che il suo vice presidente esecutivo potrebbe diventare Francesco Milleri). Oggi non entriamo nel merito, la sua attività vispissima, da ottuagenario, lo rende primo nella classifica delle simpatie. Però, attenzione: da quando è uscito Andrea Guerra, quasi plenipotenziario a Luxottica, Del Vecchio continua ad esonerare e nominare manager, come nel calcio fa Zamparini con gli allenatori…
FABIO FAZIO 5+. Solo un pazzo può tentare di rinnovare il formidabile successo che ebbe Mike Bongiorno con “Rischiatutto”. E Fazio pazzo non è e non è mai stato. Semmai arido, forse anche avido, prudente, calcolatore… Il segno + è dedicato alla possibilità di una sorpresa.
GUIDO BERTOLASO 5. Era esitante, il candidato di Berlusconi per la poltronissima di sindaco a Roma. Previsione? Avrebbe fatto bene ad astenersi, turbato com’è da un processo non semplice (corruzione con la cricca di Anemone). Una sfida all’opinione pubblica.

CARIGE. UN SOSPETTO O UNA INTUIZIONE?

Vittorio MalacalzaHo messo in rilievo nei giorni scorsi una inconsueta stranezza nel mondo finanziario: una “sparata” dell’industriale e finanziere (più finanziere che industriale) Vittorio Malacalza, che ha chiassosamente, cioè pubblicamente, auspicato un azzeramento dei vertici della Cassa di Risparmio di Genova. Ho scritto che esternazioni come questa sono rare e insolite: nei mondi in penombra di qualsiasi potere, prima si fa e poi si dichiara (o si nega di aver fatto). Quindi, quale significato potevano avere le grida di Malacalza? Ho fatto alcune ipotesi elementari, ne aggiungo un’altra oggi, più maliziosa.
La tendenza della Banca Centrale Europea e di Banca Italia è quella di spingere gli istituti di credito verso accorpamenti, utili a sostenere il mercato e la concorrenza. Ordunque, Malacalza, con le sue azioni inferiori al 20%, può ambire a dominare la gestione di Carige, gli basta il sostegno di altri piccoli azionisti. Se invece la Carige si accorpasse con un altro grande istituto, la sua quota diventerebbe irrilevante. Al mio paese, e comunemente, si dice: mettere le mani avanti. Ma, correttamente, debbo aggiungere che non ho riscontri, solo riflessioni mie personali e di un paio di fonti credibili – ma sempre riflessioni restano – nel mondo degli istituti di credito. Quale sarà la realtà? Lo sapremo vivendo.

CAIRO: “RIFORMA RAI SCANDALOSA”. E HA RAGIONE

Cairo 2Urbano Cairo, editore de La7, sta – forse e finalmente – diventando meno diplomatico e cauto del solito: l’ultima esternazione è un attacco sulla “scandalosa riforma della Rai”, parole sue, che condivido. Ottimo l’articolo di Claudio Plazzotta, su “Italia Oggi”. Entro nel punto che maggiormente mi interessa: in Italia neanche si parla, o quasi, del concetto di “servizio pubblico” (affidato alla Rai) e della decisiva valutazione, e successiva divisione, degli introiti derivanti dal canone e dai fatturati pubblicitari. Con l’inserimento del pagamento per il canone nella bolletta Enel, si (ri)aprono questioni, anche sotto il profilo costituzionale, di immensa importanza.
Le domande, di interesse pubblico, sono elementari. Almeno tre. 1. Quanto incasserà la Rai con il pagamento dei cittadini (e neanche tutti sono utenti!) di questa vera e propria tassa inserita nella bolletta? Si parla di cifre enormi. 2. Se la Rai svolge un servizio pubblico, finanziato dalla tassa del canone, perché deve anche godere di attività, con sontuosi incassi, nel settore della pubblicità? È corretto che le altre emittenti siano penalizzate in “scandalosa” misura da questi introiti destinati alla Rai. 3. Infine: siamo certi, e perché, che la Rai svolga qualcosa definibile come “servizio pubblico”? Con quali programmi, quali iniziative? Se il “servizio pubblico” non funziona, come molti sostengono (quorum ego, disinteressatamente), sarebbe il caso di indurre la Rai a svolgere un vero “servizio pubblico”, oppure di ridurre, se non negarle, il contributo del canone?
Chiunque può dedurre che a queste domande fondamentali se ne potrebbero aggiungere molte altre. È una considerazione importante anche che il canone se prima era disinvoltamente imposto e preteso, oggi diventa quasi obbligatorio anche per chi non possieda neanche il televisore, o si infischi della Rai, preferendo altri network. Vero è che viviamo nel Paese dell’eterno guazzabuglio, ma perché dobbiamo aggiungerne un altro, anziché provare a correggere quelli, numerosi, che già ci sono?

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16 02 2016