OGGI VI DICO CHE… L’INSOSTENIBILE PESO DELL’INGIUSTIZIA

“Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia, commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo. È la qualità più bella di un buon rivoluzionario”. (Che Guevara)

“Vi sono due cose alle quali bisogna assuefarsi, se non si vuole trovare la vita insopportabile: le ingiurie del tempo e le ingiustizie degli uomini”. (Nicolas de Chamfort)

“Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere”. (Bertolt Brecht)

ATTUALIZZANDO… DA DELL’UTRI A PANNELLA

dell'utri - pannellaOgni giorno sotto i nostri occhi si verificano ingiustizie, piccole e fastidiose, enormi e ingiustificabili. Oggi vorrei occuparmi di due casi che mi stanno a cuore, in apparenza dissimili, cioè molto diversi, quello di Marcello Dell’Utri e le notizie sull’agonia e la morte terribile di Marco Pannella. Il minimo comun denominatore, in forme diverse, c‘è: l’ingiustizia. Vediamo perché.

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DELL’UTRI / PRESIDENTE MATTARELLA, ASPETTIAMO UNA GRAZIA

dell'utri - mattarella - berlusconiDa molti mesi, mi occupavo, ogni volta che mi fosse possibile, della crudele sorte e pena inflitta a Marcello Dell’Utri. Ho sempre detto, e ribadisco, che non conosco le carte del processo, e non mi interessa più di tanto la vicenda nei suoi aspetti della giustizia ordinaria (o, come molti dicono con buone ragioni, del giustizialismo). Con uno dei miei slogan temerari e impertinenti, sostenevo: “O Berlusconi deve essere trattato come Dell’Utri, o Dell’Utri deve essere trattato come Berlusconi”. In quasi totale solitudine, ho cercato di mettere in evidenza alcuni aspetti dell’ingiustizia: le accuse e i processi per il Cavaliere e per il suo ex braccio destro, erano uguali e comunque molto simili, in principio il processo addirittura era unico, per tutti e due. Poi, dopo un’estenuante e interminabile vicenda processuale, si è arrivati a una conclusione, passata attraverso la memorabile accusa “concorso esterno in attività mafiose”, che non esisteva secondo legge e poi legge diventò, nonostante l’inverosimile inconsistenza. In poche parole, questo il risultato: Berlusconi ha avuto un trattamento forse pesante, ma comunque indulgente verso la sua vita politica e civile. Mentre Dell’Utri – che, se ha commesso qualche reato, certo lo ha commesso nell’interesse di Berlusconi, suo capo azienda e amico per la pelle – è stato condannato a sette anni e imprigionato, a 72 anni, in un carcere di massima sicurezza, riservato ai peggiori criminali, mafiosi e no. Marcello, a parte l’età, è afflitto da gravi malattie, non può essere considerato un personaggio pericoloso per la società, né in grado di reiterare i presunti misfatti, né (dopo anni!) di inquinare le prove: queste sono le condizioni di legge per giustificare l’arresto e la detenzione. In un Paese, per di più, in cui gli arresti domiciliari non si negano a nessuno.
Perché, dunque, tenerlo in carcere, in condizioni di severità estrema? A molti, e naturalmente anche a me, il provvedimento è apparso punitivo. E nessuno ha fiatato più di tanto, la mia flebile voce, in questo fragile diario, non è servita a niente. Una settimana fa Dell’Utri, nel carcere di Parma, ha contratto un’infezione (e la responsabilità non può che essere delle condizioni in cui era detenuto) che lo ha portato al rischio della vita: solo a questo punto è stato trasferito a Roma, a Rebibbia, e subito dopo nell’ospedale Pertini. Mi dicono che, con prognosi tuttora riservata, le sue condizioni sono lievemente migliorate. E nelle ultime ore fioriscono dappertutto appelli alle autorità perché concedano un trattamento più umano, gli arresti domiciliari quantomeno, la richiesta al presidente della Repubblica per un provvedimento di grazia. Mi associo all’appello a Mattarella, che apprezzo per il rigore e il senso della giustizia. Lo esorto rispettosamente a riflettere sul fatto che Marcello è stato trattato con una crudezza, o spietatezza, assolutamente sproporzionata rispetto alle regole e alle abitudini del nostro Paese. È un uomo malato, inoffensivo; forse, a giudizio di molti, innocente (ribadisco che non conosco le carte e, non voglio entrare, per rispetto della magistratura, nei contenuti del processo). L’aspetto umano, o meglio disumano, è sotto gli occhi di tutti. Presidente, la grazia sarebbe un provvedimento nobile e giusto.

AGONIA E MORTE DI PANNELLA / PER LUI, INGIUSTIZIA PER TUTTA LA VITA

pannellaQuanto dobbiamo a Marco Pannella? Quanto ci ha dato? Cosa gli abbiamo dato? Esitavo a scrivere “agonia”: perché di questo certamente si trattava, ma Marco in passato e anche di recente ci aveva puntualmente abituato alle sue stupefacenti resurrezioni. È stato un lottatore straordinario, speravamo che anche questa volta ce la facesse, ma ero sconvolto dalla cruda dichiarazione dei medici: “Non ci sono speranze”. (Ma un medico può permettersi di esprimersi, pubblicamente, così? Ne riparleremo, se volete). Poi é arrivata la notizia della morte. Ebbene, in queste ore amare, vorrei dire che se oggi, in Italia, abbiamo qualche legge a tutela dei diritti civili, lo dobbiamo alla personalità, alle battaglie, alla capacità di comunicare e di coinvolgere gli altri – qualità politicamente e umanamente eccezionali – di Pannella. È questo che mi dispera: sul piano umano perché è finita la vita di un uomo che è entrato come un protagonista nella nostra storia; sul piano sociale e politico perché, guardandomi intorno, nelle paludi di oggi non vedo emergere un degno successore. E l’ingiustizia qual è stata? Ciò che sto per dire entra nella mia filosofia del “non senso” della vita. Nel Paese che sogno, a Pannella avrebbe dovuto essere attribuito da lustri un ruolo istituzionalmente decisivo: presidente della Repubblica, capo del governo, quantomeno ministro della giustizia – superiore a qualsiasi altra personalità, come garante dei diritti dei cittadini. Ma è stato solo un sogno. I sogni giusti non si realizzano mai.

VITTORIO FELTRI INTERVISTATO DA SALVATORE MERLO

Feltri - MerloIl debutto di Feltri come (di nuovo) direttore di “Libero” è sintetizzabile nel suo editoriale in cui, in sintesi, conferma ciò che avevo facilmente pronosticato ieri: “Non ci siamo mai dati delle arie e non ce le daremo, però un po’ di vento lo solleveremo”… La curiosità sarà nel capire quali saranno le campagne di Vitt, nella sua carriera mirabolante sempre bravo a moltiplicare le vendite, fiutando prima di tutti gli umori della gente. A queste curiosità Salvatore Merlo, su “Il Foglio”, ha cercato di avere una risposta, sfrugugliando Feltri con tutte le domande possibili, a cominciare da quella sulla bocca di tutti: “Ma davvero sosterrà il governo Renzi?”. E Vitt risponde con la sua solita schiettezza: “Io? Meglio renziano che figlio di puttana… Non volevo fare il maggiordomo di Belpietro (ndr, silurato per fargli posto nella direzione)… Non sono berlusconiano, non mi sento un voltagabbana”. E Merlo gli chiede ancora: “Forse Feltri è uno che sta dove gli conviene…”. “È un metodo che non mi ripugna”. E ancora: “Sallusti è il numero uno dei numeri due, assieme a Belpietro… Tremonti ha mandato tutto a scatafascio… Io non ho patria… Farò un giornale brutto, brutto come tutti quelli che ho sempre fatto. Spero solo di venderlo”.
Tutto questo e molto altro. L’editoriale e l’intervista sono leggibili sul nostro sito www.lamescolanza.com.

BATTUTACCE / PRENDERE IL CORRIERE! CHI CE L’HA PIU’ LUNGO?

Corriere-della-Sera1Per la serie “le battutacce”, che ogni giorno mi piovono sul tavolo, vi suggerisco quella di un arguto osservatore delle complicate realtà italiane. Che cos’è, in fondo, la battaglia per la conquista di Rcs, ovvero, del “Corriere della Sera”? Questa, la riflessione del mio anonimo interlocutore: “E’ una battaglia tra banche, lo dicono tutti. Ma perché? È il gioco che appassiona i maschi, dall’età di cinque anni fino ai novanta… Chi ce l’ha più lungo? E chi è capace di pisciare più lontano? Questo spirito di competizione incrudelisce una battaglia di peso importante: se vince Banca Intesa, sarebbe l’ennesima affermazione di Giovanni Bazoli. Ma se anche questa volta perde Mediobanca, che si è schierata contro Cairo con la novità di Bonomi e degli azionisti storici, mettendoci dunque la faccia, sarebbe il definitivo tramonto dell’istituto che fu reso potentissimo dal leggendario Enrico Cuccia”. E noi italiani, abituati a non schierarci ma a stare alla finestra di fronte alle competizioni, dai guelfi e ghibellini a Coppi e Bartali, ci gusteremo lo spettacolo.

cesare@lamescolanza.com

19.05.2016